Da gennaio a settembre 2022 l’Italia è stata colpita già da 62 alluvioni, e Legambiente ribadisce quali siano gli interventi urgenti da mettere in campo a partire dal piano nazionale di adattamento alla crisi climatica, scomparso ormai da anni dall’agenda politica italiana

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L’alluvione che ha colpito le Marche è l’ennesimo campanello d’allarme che il Pianeta ci sta inviando. Con la crisi climatica non si scherza, servono interventi non più rimandabili. Da gennaio a settembre 2022 l’Italia è stata colpita già da 62 alluvioni (inclusi allagamenti da piogge intense) contro le 88 del 2021. È quanto denuncia Legambiente che diffonde i dati della mappa del rischio climatico del suo Osservatorio Città Clima, ribadendo quali siano gli interventi urgenti da mettere in campo a partire dal piano nazionale di adattamento alla crisi climatica, scomparso ormai da anni dall’agenda politica italiana.

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Alluvioni, i numeri in Italia

L’Italia è, infatti, rimasto l’unico grande Paese europeo senza un Piano di adattamento al clima, per cui continua a rincorrere le emergenze senza una strategia chiara di prevenzione. L’Italia è sempre più soggetta ad eventi climatici estremi, che causano danni ai territori e rischi per la vita dei cittadini. Da gennaio a luglio 2022 si sono registrati 132 eventi climatici estremi. È il numero più alto della media annua dell’ultimo decennio. Preoccupante anche il dato complessivo degli ultimi anni. Dal 2010 a luglio 2022 nella Penisola si sono verificati 1318 eventi estremi, con impatti molto rilevanti in 710 comuni italiani.

Nonostante questi numeri preoccupanti l’Italia non si sta muovendo. Sono trascorsi infatti più di 4 anni da quando l’allora ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti pubblicò in bozza il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Piano che aspetta ancora un’approvazione.

Il rischio idrogeologico in Italia

Il clima non è l’unica causa di questa ennesima tragedia. Il rischio idrogeologico nel nostro Paese è noto, mappato e ci sono le conoscenze giuste per intervenire. Eppure continua a non essere affrontato e gestito in maniera adeguata. Per ridurre la fragilità del territorio servono interventi come le delocalizzazioni degli insediamenti residenziali e produttivi più a rischio. Per Legambiente occorre prevedere il divieto di edificazione nelle aree a rischio; la riapertura dei fossi e dei fiumi tombati nel passato. Così come il recupero della permeabilità del suolo attraverso la diffusione di Sistemi di drenaggio sostenibile che sostituiscono l’asfalto e il cemento. Lo stop al consumo di suolo con quella legge nazionale mai approvata nelle ultime legislature e il ripristino delle aree di esondazione naturale dei corsi d’acqua laddove possibile.

Foto: Shutterstock