Secondo il SIMA, l’Italia è il primo Paese in Europa per
morti premature attribuibili all’inquinamento atmosferico, con circa 90mila decessi l’anno

“Ennesima dimostrazione che l’Italia non è uscita dalla logica dell’emergenza e delle scuse e che il
problema dell’inquinamento atmosferico è ancora lontano dall’essere risolto. — ha commentato
Giorgio Zampetti, Direttore Generale Legambiente
— Invece di prendere decisioni efficaci e
strutturali per arginare il problema in maniera trasversale e integrata, il nostro Paese continua a
perdere questa partita, sia in termini di vite umane che dal punto di vista economico. Secondo i dati
della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) l’Italia è infatti il primo Paese in Europa per
morti premature attribuibili all’inquinamento atmosferico, con circa 90mila decessi l’anno.
Da un
punto di vista economico, parliamo di diverse decine di miliardi all’anno (stimate tra i 47 e i 142
miliardi di euro/anno) tra spese sanitarie e giornate di lavoro perse. Infatti, le morti premature sono
solo la punta dell’iceberg del problema sanitario
connesso con l’inquinamento atmosferico. Una
situazione che va presa di petto ora, per non incorrere in ulteriori procedure di infrazione nei nostri
confronti, considerando che la futura direttiva europea sulla qualità dell’aria rivedrà a ribasso i limiti
secondo le nuove indicazioni OMS. Una situazione paradossale, considerando il fatto che la fonte
principale di inquinamento del biossido di azoto (NO2) è attribuibile alla combustione dei motori
diesel,
che invece vengono ancora incentivati con bonus milionari alle auto dal nostro Governo”.

Questo il commento dell’Associazione ambientalista dopo che la Corte di Giustizia dell’Unione
europea ha accolto il ricorso della Commissione Ue e ha dichiarato l’inadempimento dell’Italia sia
per il mancato rispetto, “sistematico e continuativo”, del valore limite annuale fissato per il biossido
d’azoto
in varie zone concernente la qualità dell’aria, sia per la mancata adozione, a partire dall’11
giugno 2011, di misure atte a garantire il rispetto nelle stesse zone dei valori limite di NO2. Tra le
zone citate Torino, Brescia, Milano, Bergamo, Genova, Roma e Firenze.

Una situazione che il cigno verde aveva denunciato proprio nell’ultimo report di Legambiente
“Mal’aria di città. Quanto manca alle città italiane per diventare clean cities”
realizzato nell’ambito
della campagna Clean Cities, secondo cui su 102 città italiane analizzate nessuna rispetta tutti i
valori suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per PM10, PM2.5 e NO2. Su 102
capoluoghi di provincia analizzati, nessuno è riuscito a rispettare tutti e tre i valori limite suggeriti
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ossia una media annuale di 15 microgrammi per
metro cubo (μg/mc) per il PM10, una media di 5 μg/mc per il PM2.5 e 10 μg/mc per l’N02. In
particolare, ben 17 sono le città con i valori più alti di polveri sottili, ovvero che superano i valori
OMS per più del doppio con Alessandria che nel 2021 ha registrato una media annuale di PM10 pari
a 33 µg/mc rispetto al limite OMS di 15 µg/mc; seguita da Milano con 32 µg/mc, Brescia, Lodi,
Mantova, Modena e Torino con 31 µg/mc. 11 quelle più inquinate da PM2.5 che superano di oltre 4
volte i valori OMS con le criticità maggiori registrate a Cremona e Venezia (media annuale 24 µg/mc
contro un valore OMS di 5 µg/mc) e ben 13 le città più inquinate da biossido di azoto – NO2 – ovvero
che superano il limite per più di tre volte con Milano e Torino in forte sofferenza. Il capoluogo
lombardo nel 2021 ha registrato una media annuale di 39 µg/mc.
Firma la petizione on line “Ci siamo rotti i polmoni. No allo smog!” con la quale Legambiente chiede al Governo risposte urgenti nella lotta allo smog, a partire dagli interventi sulla mobilità e l’uso dello spazio pubblico e della strada.