La ricerca sulle malattie neurodegenerative potrebbe aprire nuovi scenari sulla prevenzione e cura di una patologia invalidante come l’Alzheimer.

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L’Alzheimer è una delle patologie più invalidanti che, soprattutto con l’avanzare dell’età, possono colpirci. Gli studi recenti dimostrano come, anche in questo caso, la prevenzione e la diagnosi precoce possano davvero fare la differenza migliorando la qualità della vita. Per questo, è importante non sottovalutare mai alcun sintomo, per quanto piccolo o apparentemente insignificante possa sembrarci.

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A maggior ragione alla luce dei dati del Ministero della Salute le cui stime parlano di aumento delle patologie di tipo neurodegenerativo. Entro i prossimi tre decenni, infatti, il numero di malati potrebbe triplicare. Complice anche l’aumento dell’età media della popolazione, le proiezioni per il 2051 vedono 280 anziani ogni 100 giovani. Da qui, dunque, l’importanza di monitorare lo stato di salute per intercettare anche piccoli sintomi e intervenire in maniera mirata.

Tornando in particolare all’Alzheimer, è stato rilevato che dopo i 45 anni si può registrare una situazione che è un campanello d’allarme. Con ben venti/trenta anni di anticipo sulla malattia. La presenza nel sangue della proteina Gfap (proteina fibrillare acida della glia), normalmente presente solo nel cervello, è un indicatore prezioso.

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Tracce di Gfap nel sangue, infatti, indicano un aumento della beta amiloide delle placche senili che si depositano nel cervello causandone la degenerazione.  Come riferisce Fondazione Veronesi, dunque, questo marcatore precoce è oggetto di studi ma potrebbe aprire nuovi scenari di cura e prevenzione.

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