Greenwashing, cos’è e come difendersi

Avete notato che nell’ultimo periodo (e con questo intendiamo gli ultimi 10-15 anni) moltissime grandi aziende, lader nei settori più diversi, dall’abbigliamento ai saponi all’alimentazione, hanno sviluppato una forte coscienza green?

LEGGI ANCHE: Green influencer, come ti educo i follower all’ambiente e sostenibilità

Questo è sicuramente un lato positivo ed è il risultato di una consapevolezza sempre maggiore sui rischi dell’inquinamento ambientale e delle conseguenti crisi climatiche che stanno ormai investendo ogni angolo del pianeta. Il problema è che non sempre dietro a questa presa di coscienza c’è poi una effettiva e conseguente azione su temi importanti come la riduzione dei Co2 in atmosfera, ad esempio, oppure della quantità di plastica utilizzata per gli imballaggi.

Questo è il green washing: le aziende pubblicizzano una coscienza verde che in realtà non hanno, solo per questioni di marketing. Ma come rendersi conto se si ha a che fare con un’azienda effettivamente green oppure se è tutta “fuffa”?

Attenzione ad alcune diciture: quando si pubblicizza che nel proprio prodotto non ci sono sostanze tossiche, in molti casi si tratta di sostanze comunque fuorilegge, che non si potrebbero in ogni caso usare. Occhio anche a slogan con grandi numeri, impossibili da verificare, oppure ad ampie perifrasi per giustificare l’utilizzo di plastica (ad esempio “plastica proveniente da materiale riciclato”: sempre di plastica si tratta).

La prima indagine da fare, se avete dubbi, è sul sito web dell’azienda: ci deve essere un’ampia parte dedicata alle politiche green, con dati e riferimenti consultabili e possibilmente certificati da enti terzi. Se avete ancora dubbi, telefonate ai numeri dell’assistenza clienti o, se non siete ancora soddisfatti, contattate un’associazione di tutela dei consumatori.

Le aziende che pensano di poter fare impunemente green washing devono rendersi conto che oggi i consumatori sono più informati, più svegli e odiano essere imbrogliati.