Idee e progetti per la transizione ecologica verso un futuro e emissioni zero. Con un ruolo di primo piano per l’economia circolare. Se n’è parlato a Ecomondo, in occasione del talk ‘Circular cities: economia circolare e decarbonizzazione, la risposta dei distretti circolari’, organizzato dal Gruppo Maire Tecnimont, in collaborazione con l’editore Edizioni Ambiente e con l’Alleanza per l’Economia Circolare, nella prima giornata di Ecomondo alla Fiera di Rimini.  

Per NextChem, la società del Gruppo Maire Tecnimont per la transizione energetica, è possibile abbattere le emissioni di CO2 e trasformare gli scarti in risorse grazie al modello dei ‘Distretti circolari’, principalmente finalizzato alla riconversione green di vecchi impianti. Un modello che consente di produrre nuovi materiali dal riciclo di qualità dei rifiuti plastici, prodotti chimici circolari dal riciclo chimico di frazioni di rifiuti e idrogeno verde da energie rinnovabili. “L’idea del distretto circolare nasce prima di tutto dall’esistenza di siti cui dare nuova vocazione industriale. Ci sono siti dismessi, che sono o diventeranno problematici, che hanno una vocazione in termini di maestranze, piccole e medie imprese e di infrastrutture e che in un’economia lineare non avrebbero futuro”, spiega Pierroberto Folgiero, Ceo Maire Tecnimont e NextChem.  

Dall’altro lato abbiamo “una carica di alimentazione circolare: ci sono tecnologie mature che possono usare carbonio e idrogeno disponibile nella parte di materia di scarto che non può più prestarsi a riciclo e recupero”. Poi ci sono i prodotti: “Oggi l’Italia importa tantissimi chemicals che si possono produrre in un distretto circolare”. Dunque bisogna “unire i puntini” che significa “unire un territorio che ha una vocazione, pensare ad un prodotto, cercare di capire dove sta la carica, che sono rifiuti secchi o plasmix, trasformarla e, ultimo puntino, la capacità imprenditoriale. Noi siamo pronti a garantire che queste tecnologie funzionano”. Quali gli obiettivi possibili? “La prima grande produzione che si può fare decarbonizzando è quella di carburanti circolari. Ma bisogna considerare che dal gas di sintesi un bravo chimico ricava qualunque prodotto, si possono produrre plastiche, idrogeno, additivi per le vernici, metanolo per formaldeide…”.  

E i tempi sono favorevoli per una trasformazione del sistema. Per Fabrizio Di Amato, presidente Gruppo Maire Tecnimont, “l’industria, e un azienda come la nostra, oltre che la possibilità di farlo ha un dovere morale e sociale di cavalcare un momento importante”. “In Italia abbiamo un ministro della Transizione ecologica, capitali a disposizione, pubblici e soprattutto privati. Se noi cataloghiamo la transizione ecologica come qualcosa di sistemico che riguarda tutti e la mettiamo sul binario, più o meno, dell’emergenza sono convinto che tutti convergiamo”, spiega. C’è “l’opportunità per cambiare le cose. Io penso che siamo di fronte ad un momento in cui le cose possono succedere e succederanno, credo che nei prossimi cinque anni ci saranno cambiamenti epocali e grandissime opportunità di lavoro”.  

La transizione ecologica ed energetica è questione anche di competenze che abbracciano diverse discipline. “Non è una questione di tecnologia e basta. L’industria si fa con i capitali, gli imprenditori, la regolamentazione e con la tecnologia. Quindi la nuova formazione da fare è orizzontale e unisce competenza sociali, regolamentari, tecniche ed economiche”, osserva Folgiero.  

Guardando alle nostre città, secondo Daniele Fortini, presidente RetiAmbiente, “dobbiamo immaginare che la materia usata che è contenuta nei rifiuti urbani può tornare materia. La città resiliente è la città che si occupa con intelligenza del proprio futuro e di quello delle generazioni che verranno, è una città che prova a non sprecare, a consumare in modo intelligente e ad avere stili di vita con un livello di benessere nel modo più coeso e inclusivo e, allo stesso tempo, una visione che preserva e costruisce ma anche progredisce e investe”.