L’accordo con il governo è di arrivare a consegnare 2mila ventilatori polmonari entro la fine del prossimo luglio. Ma con il forte incremento della produttività la Siare Engineering riuscirà a completare la commessa entro i primi giorni di giugno. E poi potrà dedicarsi a produrre respiratori per i Paesi ora più colpiti dall’emergenza coronavirus, come Stati Uniti, Messico e Brasile. “Dovremmo completare la consegna dei 2mila ventilatori a fine maggio o ai primi di giugno invece che al 30 luglio. Stiamo facendo l’impensabile”, spiega all’Adnkronos Gianluca Preziosa, direttore generale di Siare Engineering, azienda di 35 dipendenti di Valsamoggia, alle porte di Bologna, l’unica azienda italiana a produrre ventilatori polmonari, strumenti indispensabili per far respirare i pazienti gravi colpiti da coronavirus ricoverati nelle terapie intensive. 

Il governo per far fronte all’emergenza ha chiesto alla Siare Engineering di produrre 2mila respiratori. “Inizialmente dovevamo produrre 500 ventilatori al mese per arrivare a 2mila macchine entro il 30 luglio. Ma l’emergenza ha richiesto tempi più brevi e ci siamo attivati per realizzarne mille al mese”, continua Preziosa. Un aumento della produttività che è stato possibile realizzare con il supporto del personale della Difesa e l’aiuto di gruppi dell’auto come Fca, Ferrari e Lamborghini. “E i tempi di produzione si sono accorciati notevolmente”. 

Fca ha aiutato l’azienda bolognese a riorganizzare la produzione, passando da un singolo montatore esperto addetto a costruire la macchina da zero a un processo a catena di montaggio. “Ci hanno aiutato nel processo produttivo e nella logistica e producono nei loro stabilimenti un altro componente, un sistema valvole, che poi noi inseriamo nei nostri ventilatori, facendoci risparmiare molto tempo”, racconta Preziosa.  

E per aumentare la produzione sono arrivati anche 25 tecnici dell’Esercito. “Con gli uomini della Difesa ci siamo trovati bene -dice Preziosa- abbiamo trovato persone preparate. Siamo rimasti piacevolmente sorpresi” e anche il tessuto produttivo italiano “è venuto fuori bene. Non avrei mai pensato che un grande gruppo come Fca o Lamborghini o Ferrari potessero farsi trovare pronte per aiutare un’azienda di piccole e medie dimensioni. Siamo riusciti a fare sistema”.  

L’efficientamento del processo produttivo, continua il direttore generale di Siare Engineering, “ci consentirà di terminare le quantità concordate con il governo” e in Italia, con i 2mila ventilatori forniti dall’azienda, “ci sarà complessivamente un parco di apparecchiature sufficiente”. Ma il lavoro del gruppo non è affatto terminato. “Potremo ora aprirci a livello internazionale e aiutare gli altri Paesi dove mancano i ventilatori. Inizieremo ad adoperarci anche su mercati come Stati Uniti, Messico e Brasile, che in questo momento sono più in difficoltà e nella fase più acuta della crisi”.  

Ma la crisi provocata dalla diffusione del coronavirus deve indurre il governo a ripensare la politica industriale del Paese e ridefinire il perimetro delle aziende e dei settori strategici. Che deve sicuramente includere il comparto biomedicale. “La pandemia ha fatto riflettere i governi, che hanno capito che non avere delle produzioni locali di strumenti come i ventilatori polmonari è un problema”. Oggi solo sette Paesi al mondo hanno un produttore locale di respiratori e per affrontare l’emergenza coronavirus “hanno avuto la possibilità di chiudersi e servire solo il proprio mercato”. Fino a oggi, continua il direttore generale della Siare Engineering, “la produzione è stata caricata sui mercati asiatici, perché costa meno, ma ora i Paesi in difficoltà, come gli Stati Uniti, hanno capito che in una situazione di emergenza bisogna essere autosufficienti”.  

Le pandemie ormai “si presentano circa ogni dieci anni. E gli Stati dovranno essere pronti ad affrontarle”. E’ quindi necessario, anche per l’Italia, ripensare la propria politica industriale. “In Italia -spiega Preziosa- abbiamo tante aziende e tanti comparti strategici. L’aspetto industriale va rivisto. Quando l’emergenza finirà lo Stato dovrà trarre la conclusione che bisogna investire di più nel proprio tessuto produttivo e per questo serve una politica industriale”, che parta “da una mappatura delle aziende e dei settori che vanno classificati come strategiche. Ad esempio il comparto biomedicale”. 

Il polo del biomedicale italiano, continua il direttore generale di Siare Engineering, “conta molte eccellenze, ma il business al 90% è all’estero e solo il 10% è locale. Serve un sostegno maggiore al mercato interno, come fanno tedeschi e francesi. Per mantenere le produzioni locali ogni Stato deve garantire a queste imprese un minimo di lavoro. Cosa che finora è mancata”. Lo Stato deve valorizzare le proprie risorse, ad esempio indirizzando meglio i fondi per la ricerca. Anche perché è già cominciata la caccia alle aziende migliori. “Non facciamo fare al biomedicale la fine di altri settori, come la moda o l’alimentare”, dice Preziosa.  

“Stiamo ricevendo proposte di acquisizione da parte di governi, come quello di Singapore o dell’Australia, che sono disposti a comprare le aziende per attrezzarsi con queste forniture”, spiega Preziosa. “E offrono cifre veramente considerevoli”. E il settore biomedicale, anche italiano, nel prossimo futuro “sarà aggredito con proposte faraoniche o gli verranno offerti ponti d’oro per aprire produzioni completamente finanziate dagli Stati con cifre iperboliche”.  

Intanto la situazione per la Siare Engineering “sicuramente è a una svolta”, spiega il suo direttore generale. “Il ventilatore polmonare diventerà un prodotto di più largo consumo, avremo tante collaborazioni e aumenteranno le produzioni nei diversi Paesi”, attraverso partnership e joint venture.