Alla luce della crisi scatenata dal coronavirus, S&P ha nuovamente abbassato le stime sull’economia mondiale con una previsione di contrazione del Pil globale nel 2020 del 2,4%, spinta dalla recessione negli Stati Uniti (con una stima annua di – 5,2%)  e soprattutto nell’Eurozona ( -7,3%). L’agenzia stima per il prossimo anno un rimbalzo del 5,9%. Come già il fondo Monetario Internazionale, anche S&P stima che l’Italia possa pagare il prezzo più alto in termini di Pil con un -9,9% quest’anno, parzialmente compensato dal +6,4% nel 2021 e dal +3,2% nel 2022.  

Per gli Stati Uniti S&P stima una disoccupazione che alla fine di aprile potrebbe toccare il 18% (era del 4,4% a marzo) con un’ulteriore crescita al 19% il prossimo mese, per un totale di 30 milioni di disoccupati nel trimestre marzo-maggio. 

Rispetto alle previsioni dell’Fmi, quelle di S&P sono più negative soprattutto per i paesi europei, con una Germania stimata in calo del 6% (+4,3% e +3,3% nel biennio successivo), mentre la Francia potrebbe segnare un crollo del Pil dell’8,0%, seguita dalla Spagna (-8,8%). Leggermente migliore la situazione nel Regno Unito, con -6,5% quest’anno, ma +6,0% il prossimo e +3,2% nel 2022. Per l’Eurozona la disoccupazione è attesa all’8,3% quest’anno). Nonostante il rallentamento atteso quest’anno (Pil ‘solo’ +1,2%), la Cina si manterrebbe comunque nettamente in territorio positivo, con una crescita attesa nel 2021 al 7,4% e al 4,7% nel 2022. Commentando i dati, S&P evidenzia come lo scenario sia passato da ‘brutto a pessimo’ e stima che il settore dei servizi sarà colpito più duramente del manifatturiero, mentre le piccole imprese subiranno il colpo maggiore.