(Adnkronos) – “Il dolore non va sopportato ma curato perché oggi, a quel dolore, possiamo rispondere con cure efficaci all’80%. I medici devono sapere che ci sono centri specialistici dove il dolore è diagnosticato curato e preso in carico. Quando il dolore è la condizione maggiore di malattia non va sottovalutato perché ti rinchiude dentro una disabilità funzionale che sottrae relazione e porta depressione, ti trasforma”. Così William Raffaeli, medico, esperto in Terapia del dolore, già presidente di Federdolore e presidente della Fondazione Isal, Istituto di Formazione e Ricerca in Scienze Algologiche, intervenendo al webinar “Dolore cronico. Perché non rassegnarsi”, il digital talk della serie “Scelte di Salute” promosso da Sandoz e trasmesso in diretta streaming sui canali web di Adnkronos. 

“Il dolore cronico – ha spiegato Raffaeli – persiste per oltre 3 mesi e non scompare da solo se non si cura. Purtroppo più di 13 milioni di persone vivono con un dolore che ogni giorno sentono e che appartiene a molte patologie come: artrite, artrosi, mal di schiena, fibromialgie, fuoco di Sant’Antonio. Colpisce tutta la popolazione con una prevalenza che aumenta con l’età. Il dolore cronico persiste: se non lo curi tutti i giorni, come ogni malattia cronica,si riduce l’autonomia e si genera sofferenza”. 

Sul versante delle cure, l’impiego degli antinfiammatori, indicato da quasi il 30% degli intervistati di un recente sondaggio di Emg Different, secondo Raffaeli è dovuto a decenni di comunicazione “sull’uso dei Fans per il dolore”. Nessuno, “si permetterebbe di prendere un antipertensivo senza aver parlato con il medico. Così con il dolore – ha continuato il presidente di Isal – bisogna riconoscerlo e fidarsi di un percorso sanitario che ha, al primo livello, il medico di medicina generale che indirizza a specialisti di secondo livello, nei centri di terapia del dolore ospedalieri e di terzo livello, nei centri specialistici”. 

Se l’antinfiammatorio non risolve, c’è l’oppioide “straordinario farmaco lenitivo di sofferenze, ma misconosciuto e genera paura, mentre non si sa che spesso è molto più utile dell’antinfiammatorio. Bisogna smontare questa correlazione”, ha aggiunto l’esperto.  

Commentando il fatto che solo un terzo del campione conosce l’esistenza della legge sul dolore, Raffaeli ha osservato: “Drammaticamente abbiamo una legge poco conosciuta dai cittadini, ma questo è il male minore non serve una legge per essere curato, ma abbiamo una legge che obbliga i presidi sanitari di prendere incarico il dolore, cosa disattesa dalle stesse strutture sanitarie per medici poco informati o che sottostimano il dolore” conclude.