di Paola Olgiati 

La variante ‘buona’ del nuovo coronavirus isolata a Brescia non è solo “estremamente meno aggressiva”, ma è anche “geneticamente molto diversa”. Il suo Rna presenta cioè “mutazioni significative” rispetto a quello dei virus Sars-CoV-2 sequenziati nei mesi più ‘caldi’ dell’epidemia di Covid-19. Lo annuncia all’Adnkronos Salute Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), che nei giorni scorsi ha comunicato la scoperta di “una variante virale molto meno potente. Mentre a quelle più aggressive bastano 2-3 giorni per sterminare in vitro tutte le cellule bersaglio a disposizione – aveva spiegato – a questa servono almeno 6 giorni soltanto per iniziare ad attaccarle”.  

Oggi il passo avanti: la ‘variante bresciana’ trovata dal Laboratorio di Microbiologia dell’Asst Spedali Civili, diretto da Caruso – isolata da un tampone che, a differenza di quelli che arrivano nelle ultime settimane all’attenzione dei centri deputati a processarli, “presentava stranamente una carica virale altissima” pur provenendo da “un paziente completamente asintomatico” – appare anche mutata geneticamente. Prima di dirlo “aspettavamo di confrontarci con i colleghi più esperti in questo campo – precisa l’esperto, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all’università degli Studi di Brescia – Ora lo abbiamo fatto e finalmente possiamo riferire di avere ottenuto una sequenza completa fortemente attendibile”. 

Il lavoro “è pronto per la pubblicazione – assicura il numero uno dei virologi – Lo sto inviando a una rivista scientifica internazionale e, come noto, questo è un processo che ha i suoi tempi. Ma fin d’ora, chiunque all’interno della comunità scientifica fosse interessato alla sequenza potrà contattarmi perché siamo assolutamente pronti a condividerla. E’ questo che mi aspettavo già al primo annuncio, quando ho informato dell’isolamento della nuova variante: curiosità, non certo polemiche”, ragiona lo specialista che ci tiene a evidenziare “quella che per noi è la vera notizia”: sapere che esistono varianti più deboli di Sars-CoV-2 “potrà anche aprire la strada alla messa a punto di vaccini attenuati contro Covid-19”.  

Le differenze riscontrate nella sequenza genetica della variante buona non stupiscono Caruso: “Me lo aspettavo”, dice. “Mi aspettavo che ci fossero una serie di variazioni”, delle ‘novità’ nell’Rna virale. “Differenze molto significative – ricorda – del resto le avevamo individuate anche in altri ceppi, pur non modificati nell’aggressività, che stiamo studiando e sui quali pubblicheremo insieme a Massimo Clementi dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Pure Massimo Ciccozzi del Campus Bio-Medico di Roma mi ha confermato di avere visto tantissime interessanti modifiche. Nel mondo sono almeno 7mila quelle ormai note” e “chiunque sappia di virologia – puntualizza l’esperto – sa bene che i coronavirus hanno un’alta potenzialità di mutazione”, perché “fanno della mutazione un punto di forza per replicare e propagarsi”.  

Adesso si tratterà di capire “il perché di queste mutazioni, quali sono quelle importanti ai fini della patogenicità dell’agente di Covid-19 e quanto sono diffuse”. Ma le ricerche future potranno anche contribuire ad arricchire l”albero genealogico’ di Sars-CoV-2. In gergo epidemiologico si parla di “alberi filogenetici, gruppi all’interno dei quali vengono classificati virus vicini, simili l’uno dell’altro. Il nuovo coronavirus appare essersi differenziato molto recentemente dagli altri” suoi ‘cugini’ e “rientra in un albero filogenetico a parte in cui sta da solo”, almeno per ora. Un domani, infatti, per Caruso non è escluso che i ‘rami’ del suo albero possano popolarsi di “altri coronavirus molto molto simili. Parenti stretti”, si spera non ‘esplosivi’ come il loro capofamiglia. “Staremo a vedere”. 

Il presidente Siv-Isv ribadisce come la variante meno cattiva del nuovo coronavirus sia stata “un ritrovamento fortunato, possibile grazie a un tampone a carica virale eccezionalmente alta per questa fase epidemica”. Ma si può ipotizzare che altri tamponi, quelli “a titolo virale troppo basso per consentire un isolamento e un sequenziamento virale completo”, in realtà possano contenere anche loro questa variante buona? La domanda è legittima, conferma Caruso. “In passato – ragiona infatti l’esperto – le analisi condotte hanno riguardato tutte tamponi molto ricchi in virus, eseguiti su pazienti che da Covid-19 hanno ricevuto l’insulto più forte, sperimentandone la maggiore aggressività. Abbiamo così trovato virus simili tra loro”.  

In altre parole, in qualche modo finora “l’analisi è stata falsata” da un limite tecnico che a livello internazionale ha portato gli scienziati a “selezionare” e quindi a vedere “le varianti verosimilmente più aggressive”. Ora, però, gli studi in corso sull’isolato bresciano potrebbero “aprire finestre inedite”: riuscendo a individuare specifici punti chiave della sequenza genetica virale, “con metodologie diverse – prevede lo specialista – potremo azzardare ipotesi sulla base del sequenziamento di piccoli frammenti del virus”, scoprendo elementi “che potrebbero avvicinarsi al nostro isolato o eventualmente ad altri che emergeranno in questo momento di così debole circolazione virale”.  

Infine la prospettiva vaccino, ossia l’idea di arrivare anche contro Covid a “futuri vaccini attenuati come quelli che vengono utilizzati efficacemente per esempio contro il morbillo o la rosolia. Sapere che vi sono varianti attenuate di Sars-CoV-2”, dunque “che abbiamo i potenziali per la sua attenuazione – afferma Caruso – significa che un domani potremo sperare di sviluppare una variante virale estremamente attenuata, talmente tanto da poter essere usata come vaccino”. Dalla ricerca sul virus, le armi per vincerlo.