(Adnkronos) – Occorre salvaguardare il diritto dei bambini a essere curati, da 0 a 18 anni, dai pediatri e non dai medici dell’adulto, e riorganizzare l’assistenza minimizzando le diseguaglianze di salute dovute a fattori territoriali e sociali. “Non è accettabile che un bambino sia curato o assistito da un medico che non sia pediatra, sia in ospedale sia nel territorio. Non è più ammissibile che un bambino abbia il diritto alla salute in base alla regione, famiglia di appartenenza”. Lo ha detto Annamaria Staiano, presidente della Società italiana di pediatria (Sip) e ordinaria di Pediatria all’Università Federico II di Napoli, intervenendo agli Stati generali della pediatria, convocati oggi al ministero della Salute.  

Il sistema delle cure pediatriche, così com’è, rischia di non reggere – si legge in una nota diffusa dalla Sip – anche per la progressiva riduzione del numero di pediatri attivi nel mondo del lavoro. Le soluzioni ci sono e non servono scorciatoie estemporanee ed emergenziali. “E’ necessaria e non più rinviabile una revisione dell’assistenza, che metta i bambini e gli adolescenti, da 0 a 18 anni, al centro dell’area pediatrica. Solo così sarà possibile continuare a garantire standard assistenziali adeguati, cure gestite da personale dedicato ed erogate in contesti appropriati in tutto il Paese e in modo omogeneo”, afferma Giovanni Corsello, ordinario di Pediatria all’Università di Palermo ed Editor in Chief dell”Italian Journal of Pediatrics’. 

Primi passi in questa direzione – sottolinea la Sip – sono l’integrazione e la continuità dei percorsi di cura tra ospedale e territorio, superare la rigida distinzione tra ospedale e territorio. “Già adesso – spiega Rino Agostiniani, direttore Area Pediatria e Neonatologia Asl Toscana Centro e tesoriere Sip – il numero di specialisti in pediatria non è sufficiente per mantenere l’attuale sistema organizzativo, che vede il territorio da un lato e l’ospedale dall’altro. Un gap destinato ad aumentare nei prossimi anni, nonostante la riduzione della natalità e il recente aumento del numero dei contratti per le Scuole di specializzazione in Pediatria. La dicotomia organizzativa tra pediatria di famiglia e pediatria ospedaliera, realizzata nel nostro Paese a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, oggi non è più sostenibile. Solo con una maggiore integrazione tra ospedale e territorio possiamo garantire continuità assistenziale, rispondere meglio all’emergenza-urgenza pediatrica e alle patologie croniche, evitando la congestione inappropriata dei pronto soccorso e migliorando la risposta territoriale alle esigenze dei bambini e delle loro famiglie”.  

Altro capitolo che ha un impatto rilevante sull’assistenza pediatrica – segnala la Sip – è l’incremento di bambini con patologie croniche complesse e rare, che costituiscono ormai il 18% della popolazione pediatrica. Per assistere questi bambini occorrono gli specialisti appropriati e una maggiore integrazione delle cure, che coinvolga tutti i professionisti che si occupano di cronicità. La Società italiana di pediatria ribadisce la necessità di accelerare il riconoscimento sul piano normativo del valore legale delle sub-specialità pediatriche, come già avviene in altri Paesi europei (ad esempio pediatra cardiologo, pediatra allergologo, pediatra gastroenterologo, pediatra endocrinologo, pediatra pneumologo), una richiesta già da tempo al vaglio del ministero della Salute. L’Italia è tra i pochi Paesi europei a non vederle riconosciute.  

“Eppure, il pediatra sub-specialista potrebbe dare una migliore risposta assistenziale ai tanti bambini e adolescenti con patologie croniche e rare e gestire meglio la transizione, sia in ospedale sia sul territorio”, afferma Renato Cutrera, direttore Unità Pneumologia e Fibrosi cistica dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e responsabile del gruppo di studio cure palliative pediatriche della Sip. 

Formazione e innovazione tecnologica – ricorda la Sip – sono le parole chiave per ripartire. Occorre investire sulla formazione perché “la pediatria – ribadisce la presidente a Staiano – ha bisogno di specialisti adeguatamente formati sia sulla gestione di pazienti complessi, come quelli affetti da patologie croniche, sia su nuove tematiche di grande impatto clinico e sociale, come la bioetica, le cure palliative, le nuove forme di abuso e maltrattamento, le emergenze sanitarie. L’integrazione tra i diversi livelli di cura deve avvenire anche sul terreno della formazione professionale”.  

Fondamentale sarà anche usare al meglio le grandi potenzialità che derivano dall’innovazione tecnologica e dalla telemedicina, che dovranno essere parte integrante dei nuovi modelli assistenziali. “Si tratta di potenzialità enormi per migliorare le attività di prevenzione, per consolidare le reti pediatriche e la filiera che lega ospedale, territorio e casa del paziente, per espandere l’efficacia d’intervento delle specialità pediatriche, per superare le diseguaglianze geografiche delle offerte clinico-assistenziali dei servizi pediatrici, per favorire la domiciliazione delle cure e del follow-up”, conclude Giorgio Perilongo, ordinario di Pediatria all’Università di Padova e coordinatore della Commissione per l’Innovazione tecnologica in pediatria della Sip.