(Adnkronos) – “È necessario reinvestire sul settore della nutrizione nel nostro Paese e riorganizzarlo. Bene che finalmente due ministeri quello della Salute e dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste se ne occupino insieme, perché per rilanciarlo è fondamentale investire sulla promozione di una cultura della nutrizione a più livelli, che definisca le priorità da affrontare e faccia anche un po’ di chiarezza anche nell’abuso di termini come nutrizionista e prevenzione che se non contestualizzati in un ambito vasto come questo rischiano di generare ancora più confusione”. Sono i temi posti dall’Adi, Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica nei tre giorni di lavoro della prima Conferenza nazionale sulla nutrizione promossa dal ministero della Salute e conclusa oggi a Roma.  

“La definizione nutrizionista negli ultimi anni è stato accostata a qualsiasi cosa riguardasse l’alimentazione o lo stile di vita sano. Un termine che non ha nessuna valenza giuridica in questo settore e che rischia di generare ancora più confusione nella popolazione, il monito che arriva all’unanimità da tutti gli ordini professionali, dalle società scientifiche e dalle categorie riunite in questa tre giorni di lavori è che quindi si possa finalmente porre un freno all’abuso di questa terminologia”, spiega Lucio Lucchin, past president Adi. 

“La cultura della nutrizione si fa anche con l’uso corretto delle parole. Anche quando si parla di prevenzione bisognerebbe specificare sempre a cosa è finalizzata e per quale ambito, per non incorrere in generalizzazioni che rischierebbero di banalizzare il messaggio e far venire meno l’obiettivo. Attivare una cultura sinergica della nutrizione significa anche definire quali sono le priorità da affrontare e programmare la gestione delle emergenze future. La malnutrizione è una delle priorità da gestire nell’immediato in tutti i vari setting da quella ospedaliera, alle Rsa, alle case di riposo e all’assistenza domiciliare”, aggiunge Lucchin. 

L’Adi, che nel corso della tre giorni di lavori a Roma ha portato il contributo di dieci esperti in nutrizione clinica e preventiva, ha inoltre chiesto al ministero della Salute di recuperare il ruolo di centralità nel Tavolo tecnico sulla sicurezza nutrizionale per coordinare e potenziare i tavoli regionali, oggi presenti in solo 11 regioni italiane. 

“Persiste ancora oggi una disomogeneità dei servizi di nutrizione clinica e preventiva sul territorio italiano, che con la pandemia da Covid-19 si è purtroppo accentuata”, commenta Barbara Paolini, presidente Adi. 

“Una Conferenza Stato-Regioni del 24 novembre 2016 auspicava entro il 2017 la ‘presenza di un referente medico competente per la nutrizione clinica in almeno il 60% delle strutture ospedaliere e competente in nutrizione preventiva in almeno il 60% delle Asl’ e entro il 2018 la ‘presenza di una unità operativa di dietetica e nutrizione clinica ogni 600mila/1,2 milioni di abitanti’. Ad oggi vi sono ancora dei numeri insufficienti che vanno colmati per intervenire nel concreto su una gestione efficiente ed efficace della nutrizione”, conclude la presidente.