(Adnkronos) – Nel 2020 in Italia sono state stimate circa 41.000 nuove diagnosi di cancro del polmone (27.550 uomini e 13.300 donne). In sei anni (2015-2021) il tasso di mortalità è diminuito del 15,6% negli uomini ma è aumentato del 5% nelle donne. I dati di sopravvivenza a 5 anni sono pari al 16% negli uomini e al 23% nelle donne. Le analisi epidemiologiche consegnano una nuova fotografia della patologia, che sta diventando sempre più al femminile. Se il tumore del polmone avanza nell’universo rosa, però, è proprio questa metà del cielo che potrebbe trarre i benefici maggiori dallo screening polmonare con la Tac a basso dosaggio. 

Ci sono differenze fra uomini e donne? “Lo screening funziona in tutti e due i sessi”, premette Ugo Pastorino, direttore della Chirurgia toracica dell’Irccs Istituto nazionale tumori (Int) di Milano, oggi nel capoluogo lombardo durante la presentazione del ‘Manifesto italiano PolmoniAMO’, realizzato con il sostegno di AstraZeneca, iniziativa che punta a sensibilizzare cittadini e istituzioni sull’importanza della diagnosi precoce. Ma “tutti i dati sembrano dimostrare che, mentre l’incidenza a parità di fumo ed età è simile fra uomini e donne, la mortalità si riduce molto di più nelle donne che fanno lo screening rispetto agli uomini. C’è un beneficio maggiore. Non è chiaro perché questo succeda ma si rileva da tutti gli studi, anche in Italia abbiamo la stessa evidenza che nelle donne il vantaggio sia maggiore. Questo apre ad altre possibilità. Per esempio, nelle donne che fumano si potrebbe proporre la Tac come screening combinato insieme alla mammografia e penso che questa possa essere una strategia vincente nel breve periodo”.  

In generale sul fronte della lotta ai tumori i nodi cruciali sono due: la diagnosi precoce e la prevenzione, elenca Daniela Galeone, Direzione generale Prevenzione sanitaria del ministero della Salute. “Il Piano nazionale della prevenzione 2020-2025 investe fortemente nella prevenzione dei tumori sia attraverso azioni intersettoriali di promozione della salute (sana alimentazione, attività fisica, astensione dall’uso di sigarette e di altri prodotti del tabacco e dal consumo dannoso e rischioso di alcol), sia attraverso il miglioramento della partecipazione agli screening oncologici erogati dal Ssn, la cui offerta e adesione può essere considerata un fattore protettivo per la mortalità e morbilità dovuta alle tre patologie oncologiche attualmente oggetto di screening (carcinoma della cervice uterina, mammario e del colon retto)”. 

Per Galeone è “importante anche aumentare l’offerta di interventi per la cessazione dal consumo di tabacco, sorvegliando la comparsa eventuale di sintomi negli ex fumatori considerando i tempi di latenza tra esposizione e insorgenza di cancro fumo-correlato”. Il Programma Risp-Rete italiana screening polmonare, “attivato grazie al Dm 8 novembre 2021, è finalizzato a sperimentare un intervento di prevenzione e monitoraggio del tumore del polmone” con la tomografia computerizzata del torace a basso dosaggio (Ldct), “per valutare la fattibilità di programmi personalizzati di diagnosi precoce in popolazioni ad alto rischio nel contesto italiano. Fondamentale sarà l’attività di supporto alla cessazione dal tabagismo offerta attivamente a tutti i soggetti reclutati e monitorata negli esiti”.  

È inoltre tuttora in corso un altro progetto pilota che va nella stessa direzione, coordinato dalla Regione Toscana “attraverso l’Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica-Ispro, presso il quale è inoltre operativo l’Osservatorio nazionale screening (Ons). Il raccordo tra le due iniziative rappresenta un valore aggiunto per una valutazione degli esiti dei due studi al fine dell’individuazione di un eventuale modello di screening organizzato di popolazione”. Il più grande investimento, aggiunge Pastorino, “è la prevenzione. Bisogna associare la diagnosi alla prevenzione vera. Lo screening polmonare è un momento educativo in cui noi possiamo aiutare, in cui si stabilisce un contatto di fiducia”.  

Ed è “sostenibile”, evidenzia l’esperto: “Noi pensiamo di poter risparmiare risorse che oggi vengono destinate al trattamento inefficace della malattia metastatica, con un trattamento precoce che è più rapido, efficace, avviene molti anni prima e può intercettare questa domanda di terapie costose e inefficaci. Quindi sul lungo periodo è un investimento”. E, chiosa Giorgio Vittorio Scagliotti, direttore della Divisione di Oncologia medica dell’università di Torino, “restituisce persone alla vita civile e lavorativa, cosa che purtroppo viene penalizzata nel trattamento della malattia avanzata”.