Una diagnosi precoce può cambiare l’approccio terapeutico e la vita del paziente: questo è vero soprattutto per le malattie da accumulo lisosomiale, come Malattia di Gaucher, Malattia di Fabry e Sindrome di Hunter, o Mucopolisaccaridosi tipo II, patologie croniche di origine genetica che si manifestano nei primissimi anni di vita, causate da un difetto o assenza di uno degli enzimi contenuti nei lisosomi. La possibilità di iniziare tempestivamente la terapia permette di ridurre notevolmente, e in qualche caso azzerare, gli effetti di queste patologie, che nel loro sviluppo determinano danni permanenti e irreversibili al sistema nervoso, disabilità intellettive, fisiche e dello sviluppo, portando a un’importante riduzione dell’aspettativa di vita o alla morte.
 

I numeri parlano di un nuovo caso su 7.700 nascite ogni anno, ma c’è un ampio sommerso a causa di forti ritardi diagnostici, che possono arrivare fino a 10-14 anni e portare a gravi conseguenze. Lo screening neonatale è uno strumento clinico efficace e affidabile, implementato già da molti anni per diverse patologie rare e metaboliche. “E’ una delle conquiste della medicina moderna, perché dal punto di vista pratico è un atto di analisi di massa per delle patologie che se riconosciute in tempo possono essere in alcuni casi curate o trattate efficacemente, evitando conseguenze a lungo termine”, dichiara Maurizio Scarpa, direttore Centro di coordinamento per le Malattie Rare, Azienda sanitaria Friuli Centrale. 

“In Italia – prosegue – c’è sempre stata grande attenzione per lo screening neonatale, fin dagli anni ’60 con l’introduzione di quello per la fenilchetonuria: si può dire che il nostro Paese, insieme all’Inghilterra, sia stata la culla dello studio delle malattie metaboliche, di cui si sono gettate le fondamenta grazie a importanti scuole come Roma, Genova, Firenze, Cagliari, Padova. È fondamentale – ribadisce – che lo screening neonatale non sia considerato ‘solo’ un test ma che sia compreso all’interno di un sistema che deve servire a migliorare la storia naturale della malattia: deve essere un atto medico che inizia dalla gravidanza, spiegando alla coppia di cosa si tratta, quali sono le malattie che possono essere individuate, cosa si può fare, cosa è previsto in caso di positività, l’eventuale presa in carico da parte di un centro specialistico che seguirà il bambino e i suoi genitori. Se viene fatto in modo frettoloso e non strutturato, ad esempio il consenso viene preso a ridosso del parto, allora l’efficacia di questo sistema viene meno”, ammonisce. 

Lo screening neonatale per le malattie da accumulo lisosomiale è disponibile ed è già stato applicato, con risultati rilevanti, per alcune di queste patologie in programmi pilota in Veneto, Toscana e Umbria, ma non ancora su larga scala. “Le differenze tra malattie di Gaucher, Fabry e sindrome di Hunter fanno sì che esistano approcci alla diagnosi e allo screening diversi: per Gaucher e Fabry sono già attivi progetti di screening neonatali pilota in due Regioni italiane mentre per la Sindrome di Hunter, al momento, non esistono esperienze di questo genere”, spiega Carlo Dionisi Vici, responsabile Unità operativa di Malattie metaboliche, ospedale pediatrico Bambino Gesù Irccs Roma e membro del comitato tecnico della Società italiana di pediatria (Sip). 

“È importante che vi sia una maggiore conoscenza di queste malattie tra gli stessi medici (pediatri, internisti, medici di medicina generale) – ammonisce Dionisi Vici – perché, al di fuori dello screening neonatale, esiste lo screening ‘orientato’ che viene effettuato in presenza di sintomi ‘di allarme’ caratteristici di ciascuna delle tre patologie da accumulo lisosomiale”. 

A queste patologie è dedicata la campagna ‘Raro chi trova – Insieme sulle tracce delle malattie di Fabry, Gaucher e sindrome di Hunter’ (www.rarochitrova.it), con l’obiettivo di sensibilizzare e informare e accendere i riflettori sull’importanza dello screening neonatale e della diagnosi precoce, che possono cambiare la storia naturale delle malattie e migliorare qualità e aspettativa di vita dei pazienti. La campagna è promossa da Takeda Italia con il patrocinio di: Sip, Aiaf (Associazione italiana Anderson Fabry onlus, Aig (Associazione italiana Gaucher onlus) e Aimps (Associazione italiana Mucopolisaccaridosi e malattie affini onlus.