In Italia, nel 2018, sono nati oltre 14mila bimbi grazie alla Procreazione medicalmente assistita (Pma), 12.137 senza donazione di gameti e 2.002 con donazione di gameti. Si tratta del 3,2% del totale dei bambini nati nel 2018 (439.747, dati Istat). Lo riporta la Relazione al Parlamento sull’attuazione della legge 40/2004, pubblicata oggi dal ministero della Salute e relativa all’ultimo anno per cui sono disponibili i dati.  

Nel documento si certifica una lieve diminuzione delle coppie trattate (da 78.366 a 77.509), una stabilità nel numero dei cicli di trattamento effettuati (da 97.888 a 97.509), con un aumento dei bambini nati vivi (da 13.973 a 14.139), considerando l’applicazione di tutte le tecniche di Pma sia di I livello (inseminazione), che di II e III livello (fecondazione in vitro) con o senza donazione di gameti, dal 2017 al 2018. In generale, il 69,2% dei cicli di trattamenti di II e III Livello a fresco senza donazione di gameti si effettua all’interno del Ssn. Rimane, però, la diversa distribuzione dei centri pubblici e privati convenzionati che vede una maggiore concentrazione al nord del Paese, e che riflette – si evidenzia nella Relazione – la diversità dell’offerta ai cittadini, tra le Regioni.  

Inoltre, un consistente numero di centri Pma presenti sul territorio nazionale svolge un numero ridotto di procedure nell’arco dell’anno. Solo il 27,1% dei centri di II e III livello ha fatto più di 500 cicli, contro una media europea di centri che svolgono un’attività di più di 500 cicli del 43,1%. (European Ivf Monitoring, Eim anno 2015). “Sarebbe auspicabile che gli operatori dei centri Pma svolgessero volumi di attività congrui in modo da garantire qualità e sicurezza e appropriatezza delle procedure nelle tecniche di Pma e che tali centri fossero equamente distribuiti su tutto il territorio nazionale garantendo lo stesso livello di prestazione”, si legge nella Relazione.  

Infine, resta elevata l’età media delle donne che si sottopongono a tecniche senza donazione di gameti a fresco: 36,7 anni (i dati più recenti pubblicati dal registro europeo danno per il 2015 un’età media di 34,9 anni). Ovviamente, nella fecondazione con donazione di gameti l’età della donna è maggiore se la donazione è di ovociti (41,6 anni) e minore se la donazione è di seme (34,8). La maggiore età di chi accede ai cicli di donazione sembra indicare come questa tecnica sia scelta soprattutto per infertilità fisiologica, dovuta appunto all’età della donna e non per patologie specifiche. 

“Ancora oggi nel nostro Paese alle coppie con problemi di infertilità non viene offerto un accesso omogeneo su tutto il territorio nazionale alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma). Ostacoli burocratici, mancato accesso alle tecnologie avanzate, lunghe liste di attesa, sono problemi quotidiani con cui gli aspiranti genitori devono fare i conti, oggi più che mai, mentre il Paese è alle prese con una pandemia”. E’ quanto sottolinea Filippo Maria Ubaldi, presidente della Società italiana di fertilità e sterilità-Medicina della riproduzione (Sifes-Mr), commentando i dati della Relazione al Parlamento del ministero della Salute sulle legge 40/2004 che regola la Pma. 

“La Relazione 2020, relativa all’anno 2018 – prosegue Ubaldi – ci restituisce ufficialmente un quadro della situazione in cui ancora oggi i pazienti del Sud Italia sono costretti a ‘emigrare’, se non all’estero, come ancora molto spesso avviene, perlomeno al centro-Nord, dove le strutture pubbliche eseguono la larga percentuale dell’attività nazionale. Una volta eliminati i ‘paletti’ della legge 40, come avvenuto in questi ultimi anni, il problema attuale è dunque l’applicazione uniforme delle tecniche di Pma”.  

“Occorre cambiare il modo – spiega – in cui il concetto di trattamento dell’infertilità viene interpretato: va considerato come una branca della medicina a tutti gli effetti e occorre al più presto sollevare gli ostacoli burocratici che impediscono l’erogazione delle cure”.