di Paolo Martini 

Yahya Hassan, il poeta danese di origine palestinese che nel 2013, da esordiente adolescente, ha avuto un clamoroso successo in Danimarca e all’estero con un libro di poesie critico nei confronti dei musulmani, è morto all’età di 24 anni a Copenhagen. L’annuncio della scomparsa, avvenuta mercoledì scorso, come riferisce la stampa danese, è stato dato dal suo editore Gyldendal, che ha definito la morte di Hassan “un disastro”. La casa editrice non ha fornito ulteriori dettagli. Sebbene Hassan avesse ricevuto minacce di morte, la polizia ha dichiarato di non sospettare immediatamente “un atto criminale”. Per un paio di anni il giovane che è stato al centro della scena letteraria e mediatica mondiale ha vissuto sotto scorta.  

Nato il 19 maggio 1995 ad Arhus, sulla costa orientale della penisola dello Jutland, da genitori apolidi palestinesi, viveva da un decennio a Copenhagen. Nel 2013 ha pubblicato con il semplice titolo del suo nome “Yahya Hassan” la raccolta di poesie più venduta di tutti i tempi in Danimarca (120mila copie). La raccolta è stata tradotta in venti lingue e in italiano è apparsa nel 2014 da Rizzoli.  

Paragonato a Eminem e a Walt Whitman, Yahya Hassan, con le sue poesie, scritte tutte rigorosamente in stampatello maiuscolo, ha ricevuto continue minacce di morte perchè “con la violenza di un pugno allo stomaco” ha demolito ogni tabù nel descrivere la realtà di un giovane immigrato musulmano di seconda generazione tradito tanto dalla patria d’adozione quanto dalla famiglia d’origine. Nei versi Hassan racconta la sua storia: quella di un bambino la cui famiglia palestinese si trasferisce in Danimarca da un campo profughi libanese; con un padre violento e bigotto, un padre che picchia i figli e la moglie, e che quando viene lasciato si fa mandare una nuova donna direttamente dalla Tunisia.  

Quella di Hassan è la storia di un ragazzo che passa da una comunità di recupero all’altra, che viene cresciuto a suon di calci e cinghiate, circondato da “stupidi che fanno jogging e pregano, poi rubano, bevono e vanno a letto con le ragazze danesi, in prigione si redimono leggendo il Corano e ricominciano da capo”. E’ la storia di un giovane che diventa un delinquente perché è l’unica cosa che può diventare.  

Per la critica la raccolta “Yahya Hassan” rappresenta l’urlo disperato di un’intera generazione, ingannata e abbandonata da tutti. È il grido di rabbia di ogni musulmano del ghetto che non ha un futuro perché “non avevamo progetti / Allah li aveva per noi”. Nel 2015 Hassan annunciò la sua adesione al nuovo partito politico danese Nationalpartiet. Nemmeno un anno dopo il leader del partito, Kashif Ahmad, dichiarò che Hassan era stato costretto a lasciare il partito dopo essere stato arrestato per guida sotto l’effetto di droghe illegali.