Come? Lo spiega un gruppo di 13 esperti di robotica di livello internazionale, tra cui Paolo Dario dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa

Anche la robotica scende in campo nell’emergenza Covid-19, la pandemia che sta costringendo diverse parti del mondo a una quarantena forzata da giorni. Medici, infermieri, operatori tecnici di laboratorio, forze dell’ordine e tutte le figure in prima linea nella lotta al virus, sono costretti a turni strazianti e non sempre in completa sicurezza.

Cosa può fare allora un robot per essere d’aiuto in questa situazione? Può certamente operare negli ambiti della logistica, dell’assistenza clinica, della sicurezza e continuità del lavoro.

Leggi anche: Emergenza coronavirus: stampate in 3D le valvole per la rianimazione dell’ospedale di Brescia

Come? Lo spiega un gruppo di 13 esperti di robotica di livello internazionale, tra cui Paolo Dario dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Covid-19: ecco cosa può fare la robotica

Il team di esperti ha illustrato come i robot possano contribuire a combattere l’emergenza da coronavirus, in un editoriale pubblicato sulla rivista Science Robotics.

“In frangenti complessi come quelli di un’epidemia, la robotica può rivelarsi utilissima in almeno tre ambiti strategici. Il primo è l’assistenza clinica, per esempio nella telemedicina e nella decontaminazione” – si legge. Un supporto prezioso non solo nella cura del paziente, ma anche nella prevenzione, nella diagnosi e negli screening.

Non potendo essere contagiati dal virus, gli automi ridurrebbero i rischi così come la mole di lavoro del personale, sostituendosi per svolgere alcune mansioni semplici ma gravose. In Cina la robotica è usata per lo screening attraverso termometri e telecamere a infrarossi. Ma anche per disinfettare superfici, consegnare pasti e medicine a persone in isolamento. In Spagna, invece, sono utili per velocizzare gli esami di laboratorio sui tamponi.

Di supporto anche nell’ambito della logistica e della gestione dei rifiuti (anche contaminati) o per quanto concerne il controllo di chi deve rispettare le quarantene volontarie. “Non si tratta solo di indicare come i robot potrebbero essere usati in una pandemia, ma di ispirare altri nella comunità a concepire soluzioni per un problema molto complicato” – ha spiegato Howie Choset, ricercatore dell’università Carnegie Mellon.

“Mai come in questo momento la ricerca scientifica, la formazione e la capacità di tradurre tutto questo in applicazioni si dimostrano fondamentali. La Scuola Sant’Anna è impegnata a dare il proprio contributo, come l’intero sistema delle università e delle istituzioni di ricerca italiane” – ha aggiunto Dario.

mascherine coronavirus