Alla base c’è un netto ripensamento di queste macchine tecnologiche, che dovranno essere amiche della natura senza tuttavia essere meno qualitativi ed efficaci. Ecco come

Robot e natura sempre più in sintonia grazie alla robotica ‘soffice’. Parliamo di automi in grado di adattarsi a luoghi ‘ostili’ alla tecnologia come foreste, capaci di muoversi tra gli alberi. Un modo, dunque, di raccogliere informazioni importanti per proteggere l’ambiente. Una volta terminata la raccolta di dati, i robot si decompongono trasformandosi in fertilizzanti, nel totale rispetto degli habitat naturali.

Fanno da apripista a questa nuova tecnica di monitoraggio due ricercatrici italiane: Cecilia Laschi, dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, e Barbara Mazzolai, direttrice del Centro di Micro-Biorobotica dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit).

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Alla base c’è un netto ripensamento di queste macchine tecnologiche, che dovranno essere amiche della natura senza tuttavia essere meno qualitativi ed efficaci.

Robot e natura: foreste, fondali marini e… corpo umano

Non solo foreste ma anche fondali marini. I robot si metteranno al servizio della natura monitorando gli oceani, fornendo informazioni importanti per tutelarne l’ecosistema. Un tipo di robotica che potrà viaggiare anche all’interno del corpo umano, magari per somministrare farmaci, per poi degradarsi una volta esaurito il suo compito.

“Ispirarsi alla natura non significa semplicemente imitarne le forme, ma riprodurre il ciclo vitale degli organismi” – spiegano le ricercatrici sulla rivista Science Robotics. I primi robot soffici di Laschi e Mazzolai si ispirano ai tentacoli del polpo o alla proboscide dell’elefante, alle radici, ai grappoli dei rampicanti. Il prossimo passo sarà quello di creare macchine capaci di crescere, rigenerarsi e cambiare forma.

Per fare questo bisognerà sviluppare funzioni bioibride per garantire multifunzionalità e biocompatibilità. Andare oltre la robotica evolutiva, con sistemi capaci di imparare dall’esperienza. Un nuovo approccio, quindi, che sarà basato su una stretta collaborazione interdisciplinare. Sempre in linea con gli obiettivi fissati dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

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