I laghi vulcanici sono da tempo sorvegliati speciali: è raro ma non improbabile che l’improvviso rilascio di emissioni gassose causino una eruzione limnica, pericolosa per l’ambiente e per gli stessi essere umani.

I laghi vulcanici sono da tempo sorvegliati speciali: è raro ma non improbabile che l’improvviso rilascio di emissioni gassose causino una eruzione limnica, pericolosa per l’ambiente e per gli stessi essere umani. Ecco perché gli esperti si prodigano a studiare metodi e tecniche efficaci per individuare le aree dove il pericolo di un disastro potrebbe essere più concreto e, di conseguenza, attuare le necessarie misure di mitigazione del rischio.

L’eruzione dei laghi vulcanici: lo studio del fenomeno

Quando nell’acqua si forma un eccessivo accumulo di diossido di carbonio, aumenta il rischio di eruzione limnica, un fenomeno che si può configurare come un vero e proprio disastro naturale. È accaduto ben due volte in Camerun, quando nel 1984 e nel 1986 eruttarono rispettivamente il Lago Monoun e il Lago Nyos. Quest’ultimo evento fu particolarmente devastante perché causò la morte di 1700 persone di oltre 3500 capi di bestiame.

I ricercatori, da tempo, studiano il fenomeno, la cui evoluzione non sempre porta a conseguenze così gravi come quelle appena descritte. È per questo che diventa fondamentale monitorare i singoli contesti, per ottenere una valutazione del rischio.

Grazie alla ricerca scientifica e alle più moderne tecnologie, oggi gli esperti dispongono di strumentazione all’avanguardia, in grado di aiutarli nel loro lavoro di studio e prevenzione.

La ricerca sul Lago Ngozi

L’eruzione dei laghi vulcanici avviene dunque perché l’acqua è satura di gas, in questo caso di CO2. Partendo da questo dato ampiamente noto, Egbert Jolie dell’Università GFZ-Potsdam ha messo in campo un lavoro di ricerca per identificare le principali aree di alimentazione dei gas nel Lago Ngozi, in Tanzania.

Un’accurata operazione che ha richiesto un approccio multidisciplinare e i cui risultati sono stati pubblicati dalla rivista Nature. In “Detecting gas-rich hydrothermal vents in Ngozi Crater Lake using integrated exploration tools” – questo il titolo del lavoro – viene descritto un metodo per identificare le zone ad alto rischio, valido anche per altri laghi vulcanici.

L’approccio metodologico utilizzato da Jolie ha combinato batimetria, mappatura termica dei fondali e mappatura delle emissioni gassose alla superficie dell’acqua. In particolare, come descritto nell’articolo apparso su Nature, le misurazioni del flusso di sono state eseguite secondo la tecnica della camera di accumulo utilizzando il portable Fluxmeter di WEST Systems.

Conclusioni

I risultati della ricerca indicano che “il principale pericolo sul lago Ngozi è la riattivazione del sistema magmatico, che avrebbe gravi implicazioni sui processi di degasaggio” e suggeriscono una “installazione permanente di un sistema LIDAR (DIAL) ad assorbimento differenziale in combinazione con sensori termici (…) per rilevare segnali precursori di disordini vulcanici”.

Lo studio si è rivelato particolarmente importante perché indica anche come monitorare il rischio e attuare misure di mitigazione applicabili a tutti i laghi vulcanici soggetti a eruzione.