L’obiettivo è quello di coltivare al chiuso e in ambienti estremi prodotti come patate, piante come olivo, lattuga, basilico e pomodoro, utilizzando comunque la terra. Il progetto è stato realizzato da ENEA in collaborazione con il Gruppo FOS. Ecco come è possibile coltivare piante nello Spazio

Coltivare piante nello Spazio? Perché no! ENEA ha brevettato il primo simulatore di campo hi tech, presso il Centro Ricerche di Portici: l’obiettivo è quello di coltivare al chiuso e in ambienti estremi prodotti come patate, piante come olivo, lattuga, basilico e pomodoro, utilizzando comunque la terra.

Il prototipo è unico in Italia e favorisce lo sviluppo in ambienti “chiusi” e inadatti di piante “superiori”: quel tipo di flora, cioè, che ha una parte radicale e una parte aerea. Di quali ambienti parliamo? Aeroporti, centri commerciali e metropolitane. Non solo. Anche zone più “estreme” come territori desertici e glaciali, fino alle missioni nello Spazio.

Il progetto è stato realizzato in collaborazione con il Gruppo FOS e rientra in un sistema innovativo di “smart agriculture”.

Coltivare piante nello Spazio: ecco cosa distingue il simulatore Enea dalle comuni serre

Il simulatore ENEA ha una serie di elementi che la distinguono non solo dalle serre ma anche dalle comuni camere di crescita: come per esempio l’architettura “a doppio stadio”; il sistema luci a LED che garantisce alle piante una illuminazione molto precisa tramite lunghezze d’onda selezionate invece dell’intero spettro solare; i sensori per monitorare i parametri ambientali che influenzano lo sviluppo e la riproduzione delle piante.

“L’innovazione principale – ha spiegato Luigi d’Aquino del Laboratorio Nanomateriali e Dispositivi dell’ENEA di Portici – è rappresentata dal ‘doppio stadio’ vale a dire con due camere indipendenti: una ipogea, destinata all’allevamento dell’apparato radicale e della rizosfera della pianta, cioè dell’insieme degli organismi che vivono nella zona del substrato in cui crescono le radici, e una camera epigea, destinata all’allevamento della parte aerea e della fillosfera della pianta, cioè dell’insieme degli organismi che vivono nel suo ambiente aereo”.

Si tratta di ‘microcosmi‘ che “sono veri e propri ecosistemi, diversi, quindi, dalle serre e dalle camere di crescita tradizionali, e sono in grado di replicare fedelmente in laboratorio quello che avviene in un campo coltivato quando si impongono date condizioni ambientali ed intervengono organismi capaci di interferire con le funzioni vegetali, quali patogeni o parassiti” – ha sottolineato d’Aquino.

Coltivare le piante nello Spazio con il simulatore ENEA sembra dunque un’attività sempre più possibile grazie soprattutto alla gestione maggiormente articolata della temperatura, della luminosità e dell’umidità. Non solo. Tutto il sistema può essere gestito da remoto, e questo è importante soprattutto in ambienti estremi, dove l’operatore può non essere sempre presente.

I simulatori sono stati realizzati nell’ambito delle attività del Laboratorio pubblico privato TRIPODE e sono attualmente in via di ulteriore sviluppo nell’ambito del Progetto ISAAC (Innovativo Sistema illuminotecnico per l’Allevamento di vegetali in Ambienti Chiusi per migliorare il benessere umano) – cofinanziato con oltre 4,7 milioni di euro dal Bando Horizon 2020 e dal PON Imprese & Competitività 2014-2020 del Ministero dello Sviluppo Economico – al quale partecipa, oltre a ENEA e al gruppo FOS, anche l’industria BECAR, azienda controllata da Beghelli.