È firmato dal CNR di Pozzuoli e dall’Université Laval di Québec l’ultimo studio dedicato all’obesità e ai suoi effetti sulla memoria episodica.

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Una ricerca condotta dal CNR di Pozzuoli insieme allUniversité Laval di Québec (Canada) ha studiato gli effetti dannosi che l’accumulo patologico di grasso corporeo ha sul cervello. Dagli esami condotti sulle cavie è emerso che l’obesità incide sulle funzionalità cerebrali arrivando a compromettere la memoria. I topi affetti da obesità, infatti, hanno mostrato alterazioni all’ippocampo con conseguenti difficoltà nello svolgere alcuni compiti di natura cognitiva.

Pubblicata sulle pagine di ‘Nature Communications’, la ricerca mostra come il cervello dei mammiferi venga inficiato nella sua crescita neuronale e, quindi nelle sue funzioni, in caso di obesità. Andando ad alterare la produzione di neuroni, questa condizione può avere un impatto devastante sulla memoria episodica.

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Dallo studio emerge che a causare la disfunzione sarebbero due molecole, neuropeptide orexina ed endocannabinoide 2-arachidonoilgligerolo. Queste inciderebbero sulle normali attività dell’ippocampo in età adulta, un fenomeno che diventa più evidente negli individui obesi. La perdita di memoria, dunque, si aggiungerebbe ai disturbi cognitivi che si registrano nei soggetti adulti con indice di massa corporea elevato.

Come riferisce ancora Rainews dallo studio, gli effetti dell’alterazione della memoria episodica ricadono sulla capacità di prendere decisioni. E possono deteriorare anche i comportamenti e scelte nell’alimentazione. Il sovrappeso grave, quindi, potrebbe alterare la percezione di sazietà ostacolando la memoria di quanto e di cosa si sia mangiato. Aumenta, così, il rischio di ingerire quantità ci cibo maggiori.

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E lo scenario che si prospetta per il futuro prossimo è preoccupante dal momento che i dati OMS parlano di 1,4 miliardi di persone in eccesso di peso. E la previsione è anche peggiore se si considerano i bambini affetti da obesità, con il 60% di aumento previsto nei dieci anni a venire.

Articolo di Paola M. Farina

Foto Shutterstock