Nell’evento organizzato da Open Campus insieme ad Innois, piattaforma di innovazione della Fondazione di Sardegna, il progetto “SOON – South Opportunity, Open Network” si aggiudica il primo posto con un premio di € 5000

Si è concluso sabato 13 marzo l’hackathon online “Accesso Remoto – Lavorare, formarsi e connettersi oltre la presenza fisica”, promosso da Innois (Innovazione e Idee per la Sardegna), la piattaforma di innovazione della Fondazione di Sardegna, organizzato da Open Campus, realtà di Open Innovation che opera a livello nazionale. Open Campus, nata nel 2013 come progetto interno a Tiscali, si pone al fianco delle aziende nel loro processo di trasformazione digitale.

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In 72 ore di gara, tutte da remoto, i partecipanti hanno dovuto sviluppare e presentare con un pitch le proprie idee per la gestione del lavoro e della formazione a distanza, affiancati da esperti del settore, che con la loro profonda conoscenza li hanno accompagnati nella concretizzazione dei progetti. La sfida #remoteworking per i partecipanti è stata quella di proporre idee e soluzioni che rispondessero all’esigenza di migliorare la gestione e la collaborazione tra colleghi connessi da remoto, come ricreare l’irrinunciabile pausa caffè, e di avanzare proposte concrete per incoraggiare l’esperienza del south working.

Il progetto vincitore è “SOON – South Opportunity, Open Network”, ideato da Luisa Zedda, Team Leader, Strategy e Network Developer, Maurizio Orgiana, Business Developer e Formatore, Francesca Usai, Esperta Comunicazione e Marketing, Marta Lodi,Community Manager, Esperta di Psicologia e Benessere psicofisico e Elide Sandrin, UX/UI & Graphic Designer. Il progetto nasce dalla visione di creare una comunità di south worker insediata in diverse località della Sardegna, così da immaginare un nuovo modo di lavorare che valorizzi tutte quelle realtà che vivono esclusivamente di stagionalità. Un progetto di sviluppo dal respiro tecnologico e sociale, che dà vita ad un polo di attrazione per remote workers, che possono decidere così di trasferire il proprio ufficio virtuale in una delle località della regione che aderiscono all’iniziativa.

Chiave del progetto sarà un’applicazione per smartphone, l’APP SOON, una vetrina virtuale di domanda e offerta di servizi destinata ai south workers, con funzionalità di matching automatizzato per la proposta di soluzioni e servizi customizzati e, infine, la sezione “Virtual Cafè” (SOONCafè), luogo di interazione per facilitare lo scambio e la creazione di community tra futuri south workers. SOON – South Opportunity, Open Network non solo ha vinto il primo premio in denaro del valore di 5.000 €, per continuare a sviluppare l’idea imprenditoriale, bensì anche il premio Remote Prize, che include 15 ingressi nel coworking di Open Campus, e il premio Academy, per seguire online un corso gratuito della scuola di formazione di Open Campus.

Una seconda brillante soluzione è stata individuata dai ragazzi che si sono classificati al secondo posto: “WorkMate”, ideata dal gruppo composto da Luca Cubeddu, Business Design e Digital Transformation, Roberto Carta, Software Engineer e Anna Satta, Innovation Engineer. Nello specifico, WorkMate è un’applicazione che permette a professionisti che lavorano da remoto di localizzare e lavorare insieme ad altri remote workers presenti nella stessa area geografica, con lo scopo di trovare qualcuno con cui condividere un’esperienza affine in presenza e con cui confrontarsi. Tramite l’App, l’utente viene geolocalizzato e ha la possibilità di visualizzare su una mappa altri remote workers che si trovano nelle vicinanze, filtrando i potenziali nuovi colleghi per area di impiego e lingua parlata. In questo modo, non solo si incentiva il remote working, ma si risolvono anche i problemi di isolamento sociale e professionale tipici di questo fenomeno. Il progetto è inoltre particolarmente attento all’interazione tra Local Remote Workers e Non-Local. Questo progetto si è aggiudicato il secondo premio, del valore di 2.000 €.

Dall’inizio dell’emergenza sanitaria in molti stanno sperimentando il remote working e il distance learning, talvolta persino abbandonando le grandi città e tornando nelle regioni del Sud Italia, dando vita ad una trasformazione della geografia del lavoro, nella quale si perdono i concetti di centro e periferia. Per questo siamo molto fieri dei progetti ideati dai ragazzi in questo Hackathon, poiché portano soluzioni concrete a quello che probabilmente sarà il nuovo modo di intendere il lavoro.” – racconta Alice Soru, CEO di Open Campus.

Una nuova geografia del lavoro: lo studio di Open Campus

L’Hackathon parte dall’indagine Oltre lo smart working: la nuova geografia del mercato del lavoro svolta da Open Campus su un campione di 150 lavoratori sardi, sia pubblici che privati, che ha rilevato che il 32% del campione ha scoperto lo smart working con la pandemia e il 70% intende proseguire anche ad emergenza rientrata. A sottolineare i lati positivi del lavoro da remoto sono soprattutto i laureati (80%) operanti nel settore dell’informatica, dell’ICT e della comunicazione, che annoverano tra i vantaggi una riduzione dei tempi e dei costi, mentre il 30% denuncia la mancanza di strumenti adatti al coordinamento del lavoro agile. Proprio per questo Open Campus, nel suo percorso di formazione, ha previsto un intero corso dedicato al Distance Management, che si occuperà di formare i manager ad identificare gli elementi chiave, le potenzialità e i limiti del remote working, imparando ad adeguare, organizzare e gestire il lavoro dei team che operano da remoto per raggiungere gli obiettivi aziendali.

Medesima situazione per il south working, fenomeno che oggi riguarda circa 45mila lavoratori ma che è destinato ad aumentare. Il 31% degli intervistati, infatti, si dichiara disposto a lavorare per aziende la cui sede è lontana – persino in uno Stato diverso – dal luogo in cui vive.

Sono numerosi i territori che potrebbero trovare nuova vita grazie al remote working. In Italia, oltre 3000 borghi sono a rischio abbandono, ma con soluzioni tecnologiche adatte ed un’inversione di tendenza rispetto all’urbanizzazione forzata potrebbero accogliere i lavoratori dalle città e diventare oggetto di progetti di valorizzazione e riqualificazione.” – conclude Alice Soru.