La tecnologia deve essere un mezzo, solo così può aiutarci davvero: in caso contrario meglio chiudere tutto e leggere un libro. O chiedere aiuto

La temuta seconda ondata di Covid19, prevista ma non anticipata, è ormai fra noi: i DPCM si ripetono a distanza di pochi giorni, si guarda all’Europa per capire come uscirne e ora sembra in arrivo un lockdown light, senza chiusure totali, che non sarebbero più tollerate dal sistema economico italiano.

I cittadini sono chiamati alla responsabilità: mascherine, distanziamento sociale e soprattutto stare in casa quando possibile, uscendo solo per motivi di studio, lavoro o salute. Questo significa molto altro tempo passato fra le quattro mura di casa, in una stagione come l’inverno che non è un toccasana per la salute mentale di nessuno.

La tecnologia in questo caso può aiutarci o essere la nostra definitiva condanna: tutto dipende da noi e da come useremo gli strumenti, evitando di farci usare da loro.

Lo smart working è una realtà prima piuttosto rara, ora condivisa da migliaia di impiegati in tutto il mondo: dopo una prima ondata di entusiasmo, ora i nervi dei lavoratori in smart working stanno iniziando a logorarsi. Lavorare da casa significa non staccare mai, lavorare molto di più e vedere gli spazi personali e quelli lavorativi sovrapporsi inevitabilmente. Per evitare stress eccessivo, il consiglio degli esperti è dividere rigorosamente gli ambiti, anche se si vive in un monolocale: non lavorare in cucina o a letto, ma neanche in bagno, ad esempio, potrebbe aiutare.

Gli schermi rischiano di diventare la nostra unica fonte di contatto con il mondo, lavorativo ma anche sociale: anche in questo caso la parola d’ordine è differenziare. Lavoro su Zoom, aperitivo con le amiche su Skype. Le video chiamate sono belle, ma non ne abusiamo: con un amico si può chiacchierare anche al telefono, senza doversi concentrare sull’aspetto o sullo sfondo di casa nostra.

I social sono un’arma a doppio, anzi a triplo taglio: usarli come fonte di informazioni non è consigliabile, ma nemmeno frequentarli più di tanto in cerca di sollievo dall’ansia lo è. I social sono infatti un concentrato di ansia e frustrazioni, sfogate da molte persone proprio attraverso queste piattaforme: esporsi a questo fuoco non aiuterà i più sensibili nè intratterrà gli annoiati.

Piuttosto, la rete web va usata come un mezzo per arrivare dove non possiamo fisicamente essere: collegatevi con la webcam dello Stelvio o con quella delle lontre di Monterey, in California; seguite le elezioni americane in diretta oppure visitate la Casa Azul di Frida Kahlo. Le opportunità sono infinite e il web è stato pensato per aprire la mente, non per chiuderla.

Se l’ansia supera il livello di guardia, è opportuno chiedere aiuto: se siete nel Lazio, consultate questa pagina per trovare aiuto psicologico gratuito.