In 24 ore è stata già scaricata mezzo milione di volte: ecco cos’è e a che serve l’ormai famigerata app Immuni, che è stata licenziata anche dal Garante della privacy (con qualche raccomandazione)

Tanto se è parlato e finalmente la vediamo comparire nello store del nostro smartphone: l’App Immuni, quella costruita appositamente per accompagnare l’Italia nella fase 2 e nella fase 3 della gestione dell’epidemia da Coronavirus.

Sappiamo di App Immuni ancora poche cose: basta scaricarla e pensa a tutto lei, eventualmente possiamo comunicare alla piattaforma i nostri dati sanitari (tampone positivo), non ci chiede nessun dato personale e dovrebbe avvertirci se siamo stati in contatto con un paziente positivo, in modo da permetterci di mettere in sicurezza famiglia e colleghi, auto-isolandoci.

Sappiamo anche che ha dato il via ad una serie infinita di polemiche sulla privacy (e a deliri complottisti, che però decidiamo di lasciare da parte): ora arriva il via libera del Garante della privacy, che in una nota fa sapere che “sulla base della valutazione d’impatto trasmessa dal Ministero, il trattamento di dati personali effettuato nell’ambito del Sistema può essere considerato proporzionato, essendo state previste misure volte a garantire in misura sufficiente il rispetto dei diritti e le libertà degli interessati, che attenuano i rischi che potrebbero derivare da trattamento”

App Immuni, raccomandazioni del Garante

Il Garante ha voluto comunque inserire alcune raccomandazioni nel suo “via libera”:

“(…) l’Autorità ha chiesto che gli utenti siano informati adeguatamente in ordine al funzionamento dell’algoritmo di calcolo utilizzato per la valutazione del rischio di esposizione al contagio. E dovranno essere portati a conoscenza del fatto che il sistema potrebbe generare notifiche di esposizione che non sempre riflettono un’effettiva condizione di rischio. Gli utenti dovranno avere inoltre la possibilità di disattivare temporaneamente l’app attraverso una funzione facilmente accessibile nella schermata principale”, ha chiarito il Garante della privacy, aggiungendo che “particolare attenzione dovrà essere dedicata all’informativa e al messaggio di allerta, tenendo altresì conto del fatto che è previsto l’uso del Sistema anche da parte di minori ultra quattordicenni”

App Immuni, cosa dobbiamo sapere

L’app Immuni è già stata scaricata mezzo milione di volte dai principali store italiani, dimostrando così che gli italiani stanno aderendo all’iniziativa senza crearsi grandi problemi. La privacy infatti sembra adeguatamente tutelata e già caricando ed attivando l’app viene spiegato all’utente che al suo telefono viene associato un codice numerico, anonimo, che permette di identificarlo senza risalire alla sua identità. Per inserire i dati inerenti alla propria positività al Covid c’è bisogno di un operatore sanitario, l’operazione non può essere svolta in autonomia.

App Immuni non funziona ancora in tutta Italia ma solo in alcune regioni: dal 3 giugno la sperimentazione è partita in Puglia, Abruzzo, Marche e Liguria. Secondo alcune fonti sanitarie, sarà realmente utile al contenimento dell’epidemia se verrà scaricata da almeno il 10% della popolazione italiana.

L’App funziona tramite Bluethoot Low Energy, per non scaricare la batteria dei dispositivi: va da sè però che il Bluetooth va tenuto acceso, altrimenti non servirà a nulla avere l’applicazione sul telefono. L’installazione non è obbligatoria, così come non lo è segnalare la propria positività al virus: l’Italia è il primo paese europeo ad usare una applicazione di contact tracing, cosa che è stata fatta invece già in paesi come  Corea del Sud, Singapore e Taiwan.