In attesa di affrontare la ripartenza, l’imprenditore Tommaso Lazzari ci spiega come si è svolta in Cina e quali sono gli elementi da prendere in considerazione

Siamo ormai prossimi alla Fase 2, la ripartenza graduale che l’Italia si appresta ad affrontare dopo il periodo di quarantena dovuto al Covid-19. Dal 4 maggio, infatti, è prevista la riapertura di alcune attività, in base all’ultimo DPCM.

La Cina, come è ben noto, ha avviato la fase di ripresa prima di noi. In Asia il lockdown ha impedito lo svolgimento dei festeggiamenti del Capodanno cinese. Si tratta di una tradizione importantissima, come lo è il Natale per gli italiani. La pandemia ha causato una significativa riduzione degli acquisti e dei viaggi in programma per tale ricorrenza.

Quando alla fine di febbraio la reclusione forzata si è conclusa, l’economia ha ricominciato a muoversi. Già nella prima metà del mese le società che guadagnano soprattutto con l’esportazione sono tornate a lavorare a pieno ritmo. Per ottemperare ai ritardi rispetto agli ordini pregressi, hanno assunto nuovo personale.

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A spiegare la situazione cinese è Tommaso Lazzari, CEO di Seta Capital e imprenditore che opera nell’ambito della consulenza finanziaria cross border tra l’Italia e la Cina in relazione a operazioni di finanza straordinaria e internazionalizzazione. Da 6 anni lavora parallelamente con il mercato cinese e quello italiano. Dall’inizio della pandemia ha monitorato l’evoluzione della situazione economica in Cina, evidenziando analogie e differenze tra i due Paesi.

Fase 2 in Cina: priorità alle aziende più produttive

Ogni città ha affrontato la fase 2 con policy diverse. Per esempio Shanghai ha consentito la riapertura di alcune società in modo controllato e sicuro. Parliamo di aziende funzionali alla prevenzione delle epidemie, fondamentali per il sostentamento delle persone, quelle produttrici di beni di prima necessità. Sono state inoltre privilegiate le imprese che ricevevano grandi ordinativi e che mettevano in atto correttamente il distanziamento sociale e l’uso obbligatorio di dispositivi di protezione individuale.

Le misure restrittive in materia di viaggio, però, non hanno permesso a molti di tornare nelle città per lavorare. Questo ha fatto sì che riaprisse solo il 50% delle società che erano autorizzate a ripartire. Il 23 febbraio le aziende nuovamente attive erano circa il 30%. Il 10 marzo, il 65%. Questo perché si è dovuto attendere l’arrivo di mascherine, guanti e gel igienizzanti. Infatti 90 delle 217 società quotate alla borsa di Shenzhen sono state ferme proprio per questo motivo.

Fase 2 con conseguenti ricadute di mercato: cosa si può fare

La ripartenza graduale ha causato gravi ricadute in vari segmenti del mercato: l’80% delle vendite offline è rimasto fermo; il turismo, l’intrattenimento e l’industria immobiliare hanno subito un calo del 60%. La riduzione totale del fatturato delle imprese a Shanghai sarebbe pari a 30 miliardi di reminbi.

“Io e il team di Seta Capital non appena abbiamo capito che le cose stavano cambiando, anche rapidamente, abbiamo deciso di continuare a lavorare in smart working proprio per contenere il contagio e così faremo fino a quando non saremo certi che potremo tornare a lavorare in sicurezza. Questo è l’approccio generale delle imprese in Cina che, già forti della loro digitalizzazione sono riuscite per lo più a lavorare da remoto e a fare una parte del loro lavoro senza troppe difficoltà. Anche qui in Italia bisogna che ci sia un cambio di assetto e che si punti maggiormente ad una digitalizzazione più forte, perché è anche questo il mondo in cui ci ritroveremo a vivere per molto tempo: strumenti smart, video conferenze e delivery. Con la fase 2 avremo tutti un assaggio di come si vivrà una volta finita la pandemia e bisogna adeguarsi il prima possibile anche per limitare il danno economico che già per molti inizia a farsi sentire” – ha spiegato Lazzari.

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