Da Cupertino lottano per mantenere la privacy dei loro clienti, almeno così sembra: l’FBI chiede una backdoor, ma non la ottiene

A dicembre, in Florida, un sottotenente delle forze militari saudite ha ucciso a colpi di arma da fuoco tre militari americani: per le autorità si è trattato di un attentato terroristico. L’FBI ha recuperato due iPhone e chiesto lo sblocco dei dispositivi ad Apple, che però, pur collaborando come ha potuto, si è rifiutata di creare la cosiddetta “backdoor”.

Che cos’è la backdoor e a cosa serve?

Lo dice il nome stesso: la backdoor è una porta di servizio, in senso lato. Un accesso privilegiato a un sistema informatico, veloce e senza ostacoli di sorta. Quando l’FBI chiede ad Apple di crearne uno per accedere agli iPhone di due terroristi, chiede quindi di entrare nel sistema ed avere accesso ai dati privati contenuti sui cellulari direttamente dai database dell’azienda.

Apple ha fatto sapere di aver risposto alle richieste dell’FBI in ogni modo lecito: “A poche ore dalla prima richiesta dell’FBI del 6 dicembre, abbiamo prodotto un’ampia serie di informazioni associate all’indagine. Dal 7 al 14 dicembre abbiamo ricevuto altre sei richieste legali e in risposta abbiamo fornito informazioni, tra cui backup di iCloud, informazioni sull’account e dati transazionali per diversi account”

Alla richiesta di “sbloccare” i dispositivi però il colosso di Cupertino ha detto no.

Abbiamo sempre sostenuto che non esiste una backdoor solo per i buoni -si legge ancora nella nota di Apple- Le backdoor possono essere sfruttate anche da coloro che minacciano la nostra sicurezza nazionale e la sicurezza dei dati dei nostri clienti. Oggi le forze dell’ordine hanno accesso a più dati che mai nella storia, quindi gli americani non devono scegliere tra indebolire la crittografia e risolvere le indagini. Riteniamo che la crittografia sia di vitale importanza per proteggere il nostro paese e i dati dei nostri utenti”

L’intervento di Trump

Il Presidente americano è sceso in campo con la consueta diplomazia:

Il confine fra il diritto alla privacy, i dati personali e la sicurezza nazionale è sempre più labile, sempre più pressato ed in pericolo. Il tema è controverso e presenta diversi spunti di riflessione. Nel frattempo, la lotta continua.