Il “Ministero dell’educazione, cultura, sport, scienze e tecnologia” ha annunciato che, dal 2020, in Giappone la programmazione diventerà una materia obbligatoria e verrà inclusa nelle ore di matematica e di scienze fin dalle scuole primarie.

Già dal 2012 nelle scuole medie, era stato inserito uno studio definito “Instrument and control” all’interno di una materia chiamata “Industrial Arts and Homemaking” (che oggi è tradotta come “Technology and Home Economics”).

Insomma sembra proprio che nelle scuole giapponesi stia accadendo una piccola rivoluzione, tendendo sempre di più verso materie tecniche e tecnologiche.

Sinceramente, mi sarebbe piaciuto che mia figlia avesse avuto la possibilità di appassionarsi anche a materie più classiche come la storia o l’arte, ma a quanto pare c’è un motivo preciso per cui si è deciso di intraprendere questa strada in maniera così repentina.

Nel paese del sol levante sembra esserci una vera e propria carenza di programmatori e tecnici specializzati nel settore IT, ad oggi gli impiegati di questo settore sono circa 900,000 a fronte di un’ulteriore richiesta di 170,000 figure professionali.

Tale carenza inoltre, secondo le previsioni, tenderà ad aumentare fino al 2019, anno in cui presumibilmente si avrà una stabilizzazione.

Il Giappone, terra di tecnologia, non può certo accettare questa situazione. E’ stata quindi pensata una soluzione che permetterà al paese di non rimanere indietro in un settore oggi così importante come quello dell’IT. Si è deciso di educare gli studenti a ragionare come programmatori fin dalla più tenera età.

A questo scopo, sono stati persino creati dei videogiochi che guidano il giocatore a ragionare secondo le logiche presenti nei linguaggi di programmazione, con la speranza che i ragazzi si possano appassionare ad essi, e riescano a comprenderli facilmente e nella maniera più naturale possibile.

Potrebbe sembrare un cambiamento troppo drastico ma il Giappone non è l’unico paese che si sta muovendo in questa direzione: in Finlandia dal 2016 vi è una materia similare obbligatoria, così come nella vicina Estonia, questa viene integrata nei programmi scolastici già dalla prima elementare (pur non essendo obbligatoria).

Nel Regno Unito, invece è dal 2014 che gli studenti dai 5 ai 16 anni studiano “Computing”.

Nonostante anche in Inghilterra, questa materia sia ritenuta molto importante, purtroppo non ci sono molti docenti specializzati, e qualche volta gli insegnanti di matematica e di scienze sono costretti ad adattarsi al ruolo di informatico.

Viene dunque spontanea una domanda. Quanti insegnanti sono in grado ad oggi di trattare perfettamente questa materia in terra giapponese?

Sembra non moltissimi:

il 48% delle scuole superiori che ha introdotto la programmazione come materia, ha difficoltà a formare i propri allievi in maniera efficace a causa della scarsa e frammentaria preparazione dei docenti nel settore informatico.

Inoltre, l’età avanzata di alcuni insegnanti è un ulteriore ostacolo:
il più delle volte, manca loro quella naturale dimestichezza con le nuove tecnologie che può avere un giovane di oggi, e questo fa sì che sia ancora più ostico l’insegnamento delle materie ad esse correlate.

Il fatto è che l’aggiunta di una nuova materia così complessa, richiederebbe l’incremento dell’orario scolastico, cosa che però sembra non essere stata presa in considerazione.

La scelta sembra essere tra il sottrarre tempo alle materie più “classiche” o il trattare l’argomento in maniera più superficiale, insomma la coperta non copre tutto e va tirata da una parte o dall’altra.

Il primo e indispensabile passo, sarà comunque intrapreso a breve e riguarderà l’organizzazione di diversi corsi di formazione per gli insegnanti di informatica e programmazione.

https://www.funweek.it/evolve/home/2017/11/09/mooc-universita-gratis/

Successivamente i professori e i maestri saranno sostituiti da una nuova generazione di docenti più avvezzi alle nuove tecnologie.

Il Giappone è noto per le sue arti e tradizioni che vanta da secoli, tra cui lo shodo (l’arte della scrittura giapponese di cui io sono terzo dan), la cerimonia del tè, l’ikebana, il kabuki, e molte altre. Queste arti caratteristiche della terra del sol levante sono sempre state integrate nel percorso formativo degli studenti.

Sono cose che molti giapponesi della mia generazione e di quelle precedenti, portano nel loro cuore, e la conoscenza di alcune di queste arti non mi ha certamente impedito di appassionarmi di informatica e web marketing, anzi, forse mi ha dato una marcia in più, anche in questo settore.

Continueranno ad esserci o mia figlia dovrà rinunciarvi?