Quando si parla di startup in Italia, ci si interessa soprattutto alla costante crescita, per numero e per fatturato annuo, di quelle giovani realtà imprenditoriali contraddistinte da un certo grado di innovazione. Tuttavia, da un’analisi effettuata sul Registro delle Startup Innovative, si è potuto constatare che nel mondo di queste aziende vi sono problemi che, nella maggior parte dei casi, non permettono di confermare i dati positivi che provengono invece da una prima valutazione più superficiale.
Analizzando le informazioni risalenti al maggio del 2016, si è potuto constatare che il Registro delle Startup Innovative contava oltre 5700 imprese (incluse le PMI innovative). Controllando più attentamente il registro, tuttavia, si può notare che molte di queste realtà non possono essere considerate alla stregua di reali startup. Coltivatori, produttori di bevande tipiche o proprietari di piccoli esercizi commerciali, rientrano infatti nel Registro delle Startup Innovative solo perché hanno inaugurato un e-commerce proprietario, passaggio che porta lo Stato italiano a classificare queste attività come innovative. In quanto tali, quindi, queste attività possono avere diritto all’iscrizione al Registro e, soprattutto, a una serie di agevolazioni finanziarie, tributarie e nei rapporti lavorativi. Questo sottolinea che molte startup in realtà sono solo attività commerciali che possono godere di particolari agevolazioni perché posseggono dei requisiti di base e non perché lavorano effettivamente nel settore dell’innovazione.

Infine, ad evidenziare che determinate startup innovative non rispondono completamente a quanto richiesto da questo tipo di azienda vi è un interessante parametro: la mancanza di siti web. Secondo Instilla, una società di digital marketing con sede a Milano, nel 2016 la metà delle imprese che risultavano iscritte al Registro delle Startup innovative non avevano un sito web. Si tratta chiaramente di un paradosso, se si considera che una startup dovrebbe puntare sulla comunicazione e sulla visibilità dei propri servizi che, nella maggior parte dei casi, sono proprio servizi tecnologici. I dati a riguardo, tuttavia, parlano chiaro: solo il 58% circa ha dichiarato di avere un sito web e di questi, non tutti sono effettivamente funzionanti (a marzo 2016 era attivo solo il 72% di essi). Il 60% dei siti non funzionanti sono per lo più ancora in stato di costruzione mentre il 40% non risulta accessibile.
Un altro neo, relativo alle startup che hanno un sito internet, è che molto spesso essi non sono siti responsive, ossia non sono in grado di adattarsi alle diverse interfacce e dimensioni dei dispositivi che si utilizzano per navigare. Ancora, molti non vengono facilmente trovati dai motori di ricerca, il che evidenzia che sono stati realizzati da amatori e non da professionisti del mestiere.

Naturalmente, non si vuole misurare il grado di innovazione offerto da una startup semplicemente controllandone la sua presenza online: è chiaro che però può apparire quanto meno strano che imprese che puntano a fatturare offrendo prodotti o servizi tecnologici non appaiano sulla rete, oggi sicuramente il modo maggiormente utilizzato per cercare professionisti, esperti e aziende operanti in ogni campo. Verrebbe quindi da pensare che le startup italiane non siano digitali e nel numero di aziende all’interno del Registro solo poche sono realmente innovative.