Un’indagine del The Guardian alza il velo sulle frodi ittiche con risultati eclatanti

È proprio vero che bisogna avere sempre 4 occhi, e forse neanche sono sufficienti. L’indagine del quotidiano The Guardian sulle frodi ittiche restituisce un quadro piuttosto avvilente circa il pesce che portiamo a tavola o che consumiamo al ristorante. L’indagine si basa su oltre 40 studi di analisi sulle frodi di prodotti ittici. Tali studi hanno analizzato più di 9mila campioni di pesce provenienti da ristoranti, pescherie e supermercati in oltre 30 Paesi. Ebbene: circa il 40% dei prodotti presi in esame è risultato etichettato in modo sbagliato.

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Iniziando da quel che avviene in casa nostra, i ricercatori hanno riscontrato un tasso di etichettatura errata del 45% su 130 filetti di squalo: nel dettaglio, specie più economiche e impopolari sono andate a sostituire quelle più amate dai consumatori.

Ad aggravare la situazione portata alla luce dall’indagine è stata anche l’evidenza che in alcuni casi i pesci erano specie in via di estinzione o vulnerabili. In uno studio del 2018, circa il 70% dei campioni provenienti da tutto il Regno Unito venduti come dentici facevano parte in realtà di 38 specie diverse, tra cui molte che vivono nella barriera corallina e che sono minacciate dalla scomparsa del loro habitat e dalla pesca eccessiva.

A vincere il premio come risultato più imbarazzante però è il fatto che alcuni campioni non erano nemmeno composti da specie acquatiche, come le polpette di gamberi vendute a Singapore che spesso contenevano carne di maiale.

Nei ristoranti la situazione non è migliore. Un ristorante su tre vende prodotti ittici con etichette errate. I risultati più eclatanti si hanno in Spagna, Islanda, Finlandia e Germania con tassi di etichettatura errata dal 40% al 50%. Tra i pesci più frequentemente etichettati male: la cernia nera, il Ruvetto ma anche sogliola, tonno rosso e tonno pinna gialla.

The Guardian sottolinea che non sempre i pesci vengono etichettati deliberatamente in modo errato, anche se molto spesso i pesci a basso prezzo sostituiscono quelli a prezzo più alto, circostanza che fa pensare che alla base ci sia una frode piuttosto che una semplice disattenzione.

Ma il consumatore come può difendersi da queste frodi? In realtà può fare ben poco, se non acquistare pesce intero, più facile da identificare rispetto a un filetto in una confezione di plastica. E poi occhio al prezzo: meglio diffidare dal pesce pregiato a prezzi bassi.