In Trentino un orso ha aggredito padre e figlio, due cacciatori, mandandoli in ospedale: il presidente della Regione ha autorizzato l’abbattimento dell’esemplare, ma si è scatenata la dura reazione delle associazioni animaliste. Legambiente fa sapere che denuncerà Fugatti

La decisione presa dalla provincia autonoma di Trento di abbattere l’orso, che nei giorni scorsi ha aggredito due cacciatori, è una decisione sbagliata. La delibera del presidente Fugatti viola le norme nazionali e internazionali sulla tutela della fauna specialmente protetta e interpreta in maniera estensiva la possibilità prevista dal PACOBACE (Piano d’azione interregionale per la tutela dell’orso bruno sulle alpi centro-orientali) di intervenire con azioni di controllo volte a risolvere i problemi e/o limitare i rischi connessi alla presenza di un orso problematico, poiché non spetta alla provincia decidere il tipo di intervento“, così interviene Antonio Nicoletti, Responsabile Nazionale Aree Protette e Biodiversità di Legambiente, sulla questione dei due cacciatori, padre e figlio, aggrediti in Val di Non.

I due si stavano recando in una postazione di caccia sul Monte Peller, la montagna che divide Val di Non e Val di Sole ai piedi del Gruppo del Brenta, una delle zone con la maggior presenza di orsi in Trentino: animale e uomini si sono trovati improvvisamente troppo vicini, con nessuna possibilità di fuga. L’orso ha attaccato, facendo subito cadere a terra il figlio e inducendo quindi il padre a tentare di difenderlo: una lotta disperata, durata fortunatamente pochi minuti prima che l’orso scappasse e i due cacciatori potessero chiedere aiuto. Il ragazzo, 28 anni, ha riportato profonde ferite sulla gamba mentre il padre 56enne una frattura e si trova ancora ricoverato in ospedale.

Quello che veramente occorre è di mettere in campo interventi gestionali condivisi rispettando leggi e normative fatte appositamente per tutelare cittadini e fauna selvatica. Per questo auspichiamo al più presto un intervento da parte del Ministro dell’ambiente Sergio Costa chiedendo al ministero di impugnare gli atti unilaterali della provincia di Trento che prevedono, come in questo caso, l’abbattimento, dell’orso. Occorre fermare questa escalation assurda anche perché la reintroduzione dell’orso in Trentino è stata pagata da tutti i cittadini italiani ed europei e il Presidente della provincia di Trento non può decidere l’eliminazione degli orsi, uno dopo l’altro. Da Roma ci aspettiamo che arrivi un segnale importante per evitare una nuova e insensata condanna a morte come già successo in passato per la vicenda di Daniza2”, ha concluso Nicoletti.

Per Legambiente gli orsi non possono essere condannati a morte per il fatto di “essere orsi”, ancor meno giusto è che diventino oggetto di vendette. L’uomo non può equiparare il rischio, e le responsabilità conseguenti, dovute a malfunzionamenti e/o errori in opere e azioni umane, con il rischio intrinseco presente nel vivere, pensando di eliminare questo rischio o, peggio, scaricandolo su altri (vedi enti gestori di aree naturali) o, ancor peggio nel caso degli animali, autorizzando vere e proprie vendette. Negli animali l’effetto sorpresa produce sempre una reazione di spavento e difesa, non paragonabile con aggressività. Ne è un esempio quello che è accaduto in Trentino.

Per questi motivi Legambiente ha dato mandato ai suoi legali di denunciare il presidente protempore della provincia di Trento per i reati previsti dall’art.56 del codice penale (delitto tentato) e dall’art. 544 bis codice penale (uccisione senza necessità).

Non solo Legambiente, ma anche l’OIPA, la LAV, l’ENPA e il WWF si sono schierate aspramente contro la decisione di abbattere l’orso.