“La diagnosi di leucemia linfatica cronica ti cambia la vita, è un vero e proprio tsunami. L’impatto psicologico per chi la riceve, per il suo contesto familiare e sociale, è molto importante: si tratta di una patologia curabile, ma attualmente ancora non guaribile, che richiede una convivenza quotidiana con la malattia, affrontare dubbi sul futuro, attese, e di gestire gli impatti dal punto di vista relazionale, lavorativo, economico e di organizzazione del tempo libero. Riappropriarsi di una buona qualità di vita, coltivare i propri sogni e le proprie passioni è fondamentale”. Così Sabrina Nardi, Responsabile Ail Pazienti intervenendo oggi alla web conference “Leucemia linfatica cronica: la terapia a durata fissa trasforma gli standard di cura per una migliore qualità di vita del paziente”, promossa da AbbVie – azienda biofarmaceutica globale guidata dalla ricerca scientifica – con la partecipazione di Ail – Associazione Italiana contro le Leucemie-linfomi e mieloma Onlus.
“Sono spaventato”, “La mia vita è finita”, “Sono precipitato nel baratro più profondo”, sono “le più comuni reazioni dei pazienti al momento della diagnosi – riferisce Nardi – e ci dicono molto in merito all’impatto che la stessa ha sulla vita delle persone. Impatto che investe i rapporti familiari, affettivi, sociali e colpiscono in modo tanto più forte quanto più la persona è giovane”. La famiglia e gli amici, secondo Nardi, “rivestono un ruolo fondamentale” per affrontare al meglio la patologia. “Il paziente ha difficoltà nella sfera affettiva e privata, desidera recuperare una nuova sessualità. Anche nell’ambito lavorativo doversi assentare spesso per le visite di controllo o i trattamenti è un problema. Per non parlare della gestione del tempo libero: in molti ci chiedono se possono praticare sport, viaggiare , esporsi al sole piuttosto che occuparsi dei nipoti”.
Oltre che con la diagnosi e la malattia, i pazienti “oggi devono fare i conti con lo stigma sociale – ammette la responsabile di Ail Pazienti -. Per l’immaginario collettivo la leucemia è purtroppo ancora una parola che fa paura, è considerata una condanna. In molti a causa della malattia non possono fare carriera sul posto di lavoro. È assurdo”. Fortunatamente, “i dati positivi sui trattamenti – conclude Nardi – che durano due anni e poi permettono l’interruzione sono un’arma in più a disposizione dei pazienti per una nuova normalità. È quindi importante per i pazienti che si continuino a monitorare i dati di tempo libero da malattia dopo la sospensione della terapia”.