Garantire l’operatività dei servizi essenziali e snellire i procedimenti autorizzativi per interventi urgenti, avviando poi le azioni necessarie a favorire il percorso di rilancio tramite la realizzazione di nuove opere infrastrutturali. Sono i temi centrali intorno ai quali si sviluppa il documento “Il contributo delle Utilities al rilancio economico del Paese”, realizzato da Utilitalia (la federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) in collaborazione con la fondazione Utilitatis e con il contributo di Svimez e PwC, presentato oggi nel corso di un convegno cui hanno partecipato vertici di grandi gestori, rappresentanti istituzionali e del mondo accademico.
Le imprese di pubblica utilità hanno in programma un piano di investimenti da 50 miliardi di euro in 5 anni – 30 nel settore idrico, 12 in quello energetico e 8 in quello ambientale – per contribuire alla ripartenza economica del Paese: ma per la sua effettiva realizzazione c’è bisogno che il Governo crei le giuste condizioni, individuando gli strumenti idonei per permettere alle imprese di mettere a frutto gli investimenti pianificati.
Questi investimenti possono contribuire in modo rilevante al rilancio dell’economia, dato il forte impatto che sono in grado di generare sul Pil (3,6%) e sull’occupazione, con un incremento di circa 400mila posti su scala nazionale, oltre un terzo dei quali, come stimato da Svimez, solo al Sud.
“Tra i settori industriali che hanno subìto gli effetti economici del blocco delle attività produttive – spiega il direttore generale di Utilitalia, Giordano Colarullo – quello delle Utilities ha mostrato una elevata capacità di resilienza, legata soprattutto alla natura di essenzialità dei servizi erogati. Il nostro studio mostra come gli investimenti nei settori dell’acqua, dell’ambiente e dell’energia rappresentino un volano per accelerare la crescita del Paese, con una forza e un impatto economico significativo che si inserirebbero nella linea degli obiettivi della sostenibilità e del Green New Deal. Un intervento importante anche per lo sviluppo economico delle regioni del Sud, considerando l’elevato fabbisogno di investimenti che tali aree presentano per colmare il gap infrastrutturale con il resto dell’Italia”.
Per supportare questa prima fase, Utilitalia propone di prevedere un’iniezione straordinaria di liquidità a supporto delle imprese, e anche di sostegno all’attuazione dei piani di investimento programmati. Sarebbe inoltre necessario rilanciare il mercato dei contratti pubblici e garantire la tempestività degli approvvigionamenti, nonché semplificare i procedimenti e ridurre di un terzo i termini delle procedure autorizzative.
Da un punto di vista fiscale si propone di incentivare fiscalmente le aggregazioni tra imprese e di introdurre l’agevolazione fiscale del superammortamento, limitata agli investimenti non inferiori ai 10 milioni di euro effettuati fino al 2023.
Andrebbe poi accompagnato il rilancio degli investimenti con l’esclusione dall’ambito di applicazione del Testo Unico delle società partecipate (d.lgs. 175/2006) di tutte quelle società che emettono strumenti finanziari quotati diversi dalle azioni in mercati regolamentati o a questi equiparati; con l’obiettivo di superare le criticità derivanti dalla normativa sulle società a controllo pubblico, bisognerebbe inoltre escludere queste società dalle regole speciali in materia di gestione del personale.
In questa prima fase, occorre che sia completata la riforma di governance istituzionale per il servizio idrico nel meridione, anche attraverso il coinvolgimento delle Autorità di bacino distrettuale, in tutte quelle realtà in cui la riforma stessa non sia stata completata; andrebbe inoltre rifinanziato il piano strategico per le grandi infrastrutture idriche, lavorando al contempo a una gestione integrata dei fanghi di depurazione.
Bisognerà poi prevedere un ampliamento e miglioramento delle reti acquedottistiche con l’obiettivo primario di contenere le perdite di rete e lo sviluppo dei water safety plans, per segnare il passaggio da un approccio reattivo ad uno preventivo ai controlli sulla qualità dell’acqua distribuita. Andranno superate le criticità che riguardano la mancanza parziale o totale delle reti di raccolta e collettamento dei reflui, potenziando al contempo gli impianti di depurazione per garantire il superamento della grave carenza strutturale del servizio soprattutto nel Sud e nelle Isole.
Più in generale, deve essere messa in campo una strategia di intervento volta alla sviluppo dell’economia circolare basata su quattro assi principali: l’efficienza energetica nelle attività e nelle infrastrutture del servizio idrico integrato; la riduzione dell’utilizzo della plastica mediante la promozione del consumo di acqua potabile; il recupero di energia – elettrica e termica – e di materie prime mediante impianti o specifici trattamenti integrati nelle infrastrutture idriche, nonché la diffusione di energia da fonti rinnovabili per l’alimentazione degli impianti del servizio idrico integrato; e il riuso dell’acqua trattata, ad esempio a fini agricoli e industriali.
Per quanto riguarda il settore ambientale, in questa prima fase Utilitalia propone di attribuire a tutte le Regioni la responsabilità di effettuare una stima del fabbisogno impiantistico residuo, per permettere rapidamente la realizzazione di infrastrutture necessarie alla gestione ed al trattamento dei rifiuti. Alle Regioni e alle Province autonome andrebbe permesso di autorizzare, ove tecnicamente possibile, un incremento fino al 10% della capacità degli impianti di trattamento della frazione organica, anche se proveniente da altre regioni. Bisognerebbe inoltre semplificare e ridurre i tempi delle procedure autorizzative degli impianti di trattamento, nonché rivedere l’attuale disciplina dell’End of waste.
In una seconda fase, andrebbe valutata una riforma profonda del sistema, investendo nella costruzione degli impianti necessari, con soluzioni che tengano in considerazione il principio di prossimità, sia per i rifiuti urbani che per gli speciali. Andrebbero inoltre promosse la piena applicazione della responsabilità estesa del produttore e l’utilizzo del CSS come combustibile alternativo, supportando al contempo l’attività di regolazione e rafforzando la filiera del riciclo tramite misure economiche per consentire lo sviluppo del mercato dei materiali riciclati.
Nel settore energetico, è necessario in questa prima fase garantire il conseguimento dei target previsti dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, il cui strumento più importante sono i Titoli di Efficienza Energetica. Bisogna inoltre prevedere una forte semplificazione delle procedure e garantire a tutti gli stakeholders un equilibrio economico-finanziario; stabilizzare il sistema degli incentivi nella filiera del biometano e concedere un prolungamento dei termini per permettere alle aziende di usufruire del periodo di incentivazione decennale; e introdurre adeguati chiarimenti normativi per l’applicazione dell’aliquota Iva del 10% alle forniture di energia termica rese tramite teleriscaldamento.
In una seconda fase andrà previsto un rilancio del ruolo del settore idroelettrico (superando l’elevata frammentazione normativa), del meccanismo dei TEE e del relativo mercato attraverso la rimozione dei vincoli di natura territoriale o settoriale. Sarà poi importante rafforzare gli strumenti e i meccanismi di mercato come il capacity market, promuovere le potenzialità del biometano e individuare un regime di sostegno alla realizzazione di reti di teleriscaldamento.
Andranno infine previste una completa liberalizzazione dei mercati retail che possa garantire il contenimento dei prezzi, anche attraverso un riordino della struttura degli oneri di sistema, fiscali e parafiscali, e la definizione di meccanismi che forniscano un adeguato bilanciamento tra il riconoscimento di incentivi alle energy communities e la necessità di assicurare l’equilibrio economico-finanziario delle infrastrutture di rete preesistenti.