Anche lavorare da remoto ha un impatto sull’ambiente. Ecco che cosa dovrebbe cambiare

La pandemia ha ridisegnato il nostro modo di vivere, incluso quello di lavorare. Lo smartworking è diventato la routine per milioni di persone che prima non ne conoscevano neanche il significato. Eppure anche lavorare da remoto è dannoso per l’ambiente.

Pensiamoci: computer, tablet, smartphone, tutti i dispositivi elettronici e le infrastrutture digitali consumano quantità sempre maggiori di elettricità. Questa energia elettrica, se non proviene da fonti rinnovabili, produce emissioni di gas serra.

Ogni ricerca che effettuiamo su Google e ogni email che scriviamo emettono una certa quantità di diossido di carbonio. A inquinare non sono i messaggi in sé, ma il consumo di elettricità perché il messaggio venga scritto, inviato e ricevuto. Nel 2008 le emissioni di CO2 derivanti dalle tecnologie digitali utilizzate nelle trasmissione, ricezione ed elaborazione di dati e informazioni (ICT) hanno contribuito per il 2% alle emissioni globali. Una cifra che nel 2020 è arrivata al 3,7% e sarà dell’8,5% nel 2025 e del 14% nel 2040.

I consumi elettrici di tutte le attività connesse al digitale dipendono ovviamente dal tempo e soprattutto dal tipo di utilizzo. Tutto il traffico che viaggia su Internet, costituito da dati acquisiti, immagazzinati, elaborati in un Data Center, dove vengono creati i servizi digitali che usiamo in remoto, consuma quantità ingenti di energia elettrica.

D’altro canto, però, è anche vero che se non ci fosse Internet non sarebbe possibile risparmiare in termini di diossido di carbonio. Grazie al fatto che molte attività si possono svolgere comodamente da casa senza aver bisogno di spostarsi con i mezzi per raggiungere uffici e persone abbatte di molto i costi dei trasporti in auto, in pullman o in aereo.

In conclusione adottare una certa sobrietà digitale sarebbe opportuno, soprattutto se l’energia elettrica adoperata non proviene da fonti rinnovabili. Demonizzare Internet, e in questo caso lo smartworking, non è però la cosa più sensata da fare, e il pianeta non si salva arrestando il web.