Una riduzione dell’intera area glaciale di oltre il 95% avvenuta tra il 1888 e il 2014, con una diminuzione della superficie che passa dai 150 agli attuali tre ettari, caratterizza quel che resta del ghiacciaio della Fradusta, mentre una riduzione inferiore investe il ghiacciaio del Travignolo che passa dai 30 ettari di fine Ottocento ai 15 attuali, ma è vittima di un profondo cambiamento morfologico in corso. È questo, in estrema sintesi, il risultato del monitoraggio effettuato nella quinta tappa della Carovana dei Ghiacciai di Legambiente sui ghiacciai della Fradusta e del Travignolo in Trentino Alto Adige. 

La Carovana dei Ghiacciai è la nuova campagna di Legambiente, realizzata con il supporto del Comitato glaciologico italiano (Cgi) e con partner principale Sammontana e partner sostenitore Frosta, che dal 17 agosto al 4 settembre monitora lo stato di salute dei più importanti ghiacciai alpini per sensibilizzare le persone sugli effetti che i cambiamenti climatici stanno avendo sull’ambiente glaciale alpino. 

“Il ghiacciaio della Fradusta sta regredendo ad una velocità tale da sembrare quasi una ‘morte in diretta’, ulteriore quanto evidente segnale dell’accelerazione dei cambiamenti climatici” dichiara Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente. “Una crisi, quella climatica, che come stiamo osservando sta modificando il territorio non più di anno in anno come accadeva un tempo, ma giorno per giorno”.  

La quinta tappa della Carovana dei Ghiacciai ha interessato il territorio del Parco naturale Paneveggio nella cornice dolomitica delle Pale di San Martino, dove sono situati due dei ghiacciai della Campagna Glaciologica, monitorati con il contributo della Società degli alpinisti tridentini (Sat). Anche se il maltempo del primo giorno ha impedito lo svolgimento del programma di monitoraggio previsto, ci si è avvalsi delle osservazioni dell’operatore glaciologico Gino Taufer e del materiale documentale del Comitato Glaciologico e dell’archivio del Parco per “fare il punto” sul ghiacciaio di Fradusta.  

Esso si sviluppa lungo il versante nord della Cima la Fradusta (2939 m slm), la quale rappresenta il punto più elevato della serie di creste rocciose che formano il perimetro meridionale dell’Altopiano delle Pale di San Martino. Alla fine dell’Ottocento il ghiacciaio si estendeva sull’altopiano su di un’area superiore ai 150 ettari, mentre ora la superficie si è ridotta a circa tre ettari.  

I dati a disposizione indicano che sino agli anni ’90 del secolo scorso si poteva ben distinguere un’unica massa di ghiaccio fino alla fronte,a quota circa 2650 metri, tuttavia negli anni successivi le significative variazioni di spessore hanno portato a una frammentazione della massa con la formazione di due porzioni distinte e visibili. Il fenomeno della comparsa di finestre rocciose che separano gli ammassi di ghiaccio è conseguenza della forte riduzione locale dello spessore del ghiacciaio che ne favorisce l’ablazione e ne inibisce il rifornimento dalle zone di accumulo. 

La forte esposizione agli agenti atmosferici rende il ghiacciaio di Fradusta molto sensibile ai cambiamenti climatici. Infatti, le pareti rocciose che lo sovrastano non sono in grado di proteggerlo dall’irraggiamento: l’operatore glaciologico Gino Taufer ha segnalato ampi settori di ghiaccio privi di copertura nevosa anche nella zona di accumulo. La drastica riduzione di area e le caratteristiche morfologiche osservate in questo piccolo ghiacciaio dolomitico possono essere considerate evidenze della ‘morte di un ghiacciaio’.  

Proprio la divisione del ghiacciaio per mezzo di superfici rocciose ha portato alla totale scomparsa, nella porzione inferiore, dei fenomeni di attività e di alimentazione, complice anche la sfavorevole esposizione e la bassa quota. In una sequenza di fotografie dell’archivio del parco presentate nell’ambito delle iniziative di Carovana dei Ghiacciai si mostra la progressiva riduzione della massa glaciale e la scomparsa del lago proglaciale che caratterizzava la fronte del ghiacciaio sin dal 1991.  

L’insieme dei rilievi glaciologici del Cgi e della Sat mostra che la riduzione dell’intera area glaciale è stata di oltre il 95% tra il 1888 e il 2014, seppur avvenuta con velocità differenti. All’inizio degli anni 2000 un’apparente inversione di tendenza è stata altresì attribuita alla permanenza di neve residua al momento del rilievo. La riduzione è infatti proseguita e la parte inferiore del ghiacciaio a partire dal rilievo del 2018 non è stata più presa in considerazione, poiché caratterizzata da semplici accumuli di ghiaccio residuo totalmente coperto da detrito di difficile distinzione. 

Il secondo giorno della tappa nelle Dolomiti trentine è stato dedicato al ghiacciaio del Travignolo, molto diverso per morfologia e contesto ambientale rispetto alla Fradusta. Il Travignolo è un ghiacciaio ospitato in un vallone inciso tra le pareti del Cimon e della Vezzana che lo proteggono efficacemente dall’irraggiamento. Esso attualmente si estende per circa 15 ettari, mentre dalle informazioni della cartografia storica si stima che a fine ottocento la superficie del ghiacciaio era di poco inferiore ai 30 ettari.  

Una riduzione areale molto inferiore rispetto a quella segnalata dal ghiacciaio di Fradusta, che non deve però ingannare rispetto all’effettivo cambiamento subito anche da questo ghiacciaio. Durante il sopralluogo alla stazione fotografica del comitato glaciologico è stato effettuato un confronto fra immagini fotografiche storiche e l’assetto attuale del ghiacciaio.  

Si è constatato il profondo cambiamento morfologico della massa glaciale, con la scomparsa di una falesia di ghiaccio alta decine di metri che sovrastava un dosso roccioso, attualmente isolato al centro del vallone, mentre un tempo essa divideva il ghiacciaio in due lobi. Dopo la quinta tappa, la Carovana dei Ghiacciai di Legambiente continua il suo viaggio attraverso le Alpi, e dal 2 al 4 settembre 2020 sarà per la sua sesta ed ultima tappa in Friuli Venezia Giulia sul ghiacciaio Occidentale del Montasio.