Sussidi alle fonti fossili: nella legge di Bilancio presentata dal governo non sono previsti tagli, nonostante sia stata istituita quest’anno una Commissione interministeriale per lo studio e l’elaborazione di proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi. Che ammontano, complessivamente, a 35,7 miliardi di euro, di cui oltre 21,8 miliardi sotto forma diretta e circa 13,8 miliardi in forma indiretta. La stima è di Legambiente che ha presentato oggi il quadro completo delle voci e delle cifre, unendo fonti diverse tra cui il Catalogo Saf e Sad, il bilancio dello Stato, dati Terna, Arera, Gse e Mise. 

Larga parte di questi sussidi va alle imprese, oltre 23 miliardi, e 12,5 miliardi alle famiglie. La quota più rilevante dei sussidi diretti riguarda il settore dei trasporti, per 11 miliardi; seguono l’energia con 10,6 e l’agricoltura con 0,1. E alcuni di questi sussidi sono stati introdotti nel 2020, come il capacity market, che prevede 20 anni di incentivi per nuove centrali a gas. 

Cosa sono i sussidi ambientalmente dannosi. Tutte le misure incentivanti, sotto forma di incentivi diretti e indiretti, sconti sulle tasse, finanziamenti dati da imprese e società dello Stato, che intervengono su beni o lavorazioni, per ridurre il costo di utilizzo di fonti fossili o di sfruttamento delle risorse naturali. Sconti su tasse (accisa, iva e credito d’imposta) per una serie di utilizzi di benzina, gasolio, gas, ecc. nei trasporti, nel riscaldamento, nelle industrie, ma anche canoni bassi per l’estrazione di materie prime, per l’imbottigliamento di acqua; tasse limitate per chi butta i rifiuti riciclabili in discarica; finanziamenti ad autostrade, a componentistica, impianti per la fertilizzazione e fondi per la ricerca su carbone, gas e petrolio.  

Nel 2017 il ministero dell’Ambiente ha presentato il primo “Catalogo dei Sussidi ambientalmente dannosi e favorevoli”, aggiornato nel 2019; il tema è entrato nel dibattito politico e ha portato a un intervento limitato di adeguamento dei canoni per le estrazioni di fonti fossili e di eliminazione del rimborso accise gasolio per i camion con standard di emissioni euro 3 ed euro 4. 

Tra gli esempi di sussidi ambientalmente dannosi riportati da Legambiente, ci sono i finanziamenti alle centrali di Brindisi Sud e Fiumesanto o di San Filippo Mela, “che rimangono accese solo perché ricevono generosi sussidi, altrimenti in larga parte sarebbero fuori mercato” e quelli alle centrali diesel nelle isole minori italiane “che potrebbero essere sostituite da impianti solari ed eolici”.  

Di questi sconti beneficiano famiglie e imprese, per cui un semplice taglio avrebbe effetti negativi da un punto di vista economico e sociale, per le famiglie più povere e le imprese più in difficoltà. Ma, sottolinea Legambiente, si può e si deve far diventare questi sconti sui consumi, incentivi verso investimenti in efficienza e nell’autoproduzione da rinnovabili, con risultati strutturali in termini di risparmio oltre che vantaggi ambientali.  

“Sono risorse sottratte a investimenti di cui c’è enorme bisogno per uscire dalla crisi – dichiara Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente – potrebbero andare a ospedali, scuole, ricerca, investimenti nella green economy e nella riduzione delle diseguaglianze. Esistono oggi alternative da fonti rinnovabili meno costose in tanti campi, mentre in altri si dovrebbe promuovere l’efficienza nell’uso dei combustibili invece di fare sconti”. 

Ecco i sussidi ambientalmente dannosi nel dettaglio, secondo le cifre e i dati riportati bel rapporto di Legambiente.  

Il settore energia beneficia di 15 miliardi di euro destinati, nel 2019, al fossile che diventano 15,8 miliardi per il 2020. Sono 26 sussidi diversi, di cui almeno 14 potrebbero essere eliminati subito secondo Legambiente, per un valore pari a 8,6 miliardi di euro. Sono invece 6,3 i miliardi euro di sussidi che andrebbero rimodulati, in quanto strettamente connessi con settori strategici produttivi o di consumo, come quelli delle isole minori o delle aree geograficamente svantaggiate o ancora la riduzione dell’iva per imprese e utenti domestici.  

Le trivellazioni ricevono sussidi indiretti per 576, 54 milioni di euro; i contributi a centrali fossili e impianti sono costati, nel 2019, ai contribuenti italiani, 1.316,4 milioni di euro di cui 412,4 milioni di euro sono andati ai cosiddetti ‘impianti essenziali’ su terraferma e nelle isole minori; 500 milioni di euro di indennizzo sono andati invece agli interconnector, linee elettriche finanziate da soggetti privati. Al Capacity Market nel 2020 vanno 180 milioni di euro di sussidi diretti, mentre il Cip6 continua a ricevere sussidi per 682 milioni all’anno. I prestiti e le garanzie pubbliche (Cdp e Sace) per operazioni a sostegno di investimenti nell’Oil&Gas ammontano a 3.756 milioni di euro.  

Al settore trasporti vanno 16,2 miliardi di euro, di cui 5.154 milioni di euro per il differente trattamento fiscale tra benzina e gasolio e 3.757 milioni di euro per quello tra metano, gpl e benzina. L’esenzione dell’accisa sui carburanti per la navigazione aerea ammonta a 1.807,3 milioni di euro; 1.587,5 milioni vanno al rimborso delle accise sul gasolio per trasporti, 400 milioni sussidiano l’olio di palme nei biocarburanti. 

Settore agricoltura. Alla Pac vanno sussidi per 2.117,47 milioni di euro. Le esenzioni e riduzioni ai prodotti energetici ammontano a 939,2 milioni. Tra i sussidi indiretti, la Sace eroga prestiti e garanzie per 155,6 milioni per un impianto di fertilizzanti in Russia. 

Settore edilizia, canoni e concessioni. Il credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali, generalmente associati a elevati consumi energetici ed emissioni, vale 617 milioni di euro. L’esenzione dell’Imu per nuovi fabbricati ammonta a 38,3 milioni di euro, sussidiando il consumo di suolo anziché incentivare le ristrutturazioni. Settore canoni e concessioni. L’inadeguatezza di concessioni e canoni equivale a un sussidio di 509 milioni, tra acque minerali (262), demanio marittimo (150) e cave (97). 

Per Legambiente sono tre le scelte da fare nei prossimi mesi: inserire nel Recovery plan le scelte di cancellazione di tutti i sussidi alle fossili entro il 2030, eliminare subito i sussidi diretti alle fossili e per lo sfruttamento dei beni ambientali e aggiornare il Catalogo dei sussidi, rivedere subito la tassazione sui combustibili fossili per portare trasparenza e legare la fiscalità alle emissioni di gas serra. 

“Non esiste scusa legata al Covid che tenga – dichiara Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – perché l’emergenza climatica sta diventando sempre più grave e perché ogni euro non più regalato a chi inquina può liberare investimenti in innovazione ambientale ma anche per far uscire il Paese dalla crisi economica e sociale. Nelle proposte che presentiamo oggi dimostriamo come sia possibile intervenire subito sui sussidi alle fonti fossili e all’estrazione di materiali naturali, mentre il Recovery Plan italiano dovrà fissare le riforme e la tempistica per cancellare tutti i sussidi entro il 2030”.