Mare: Greenpeace, stato emergenza per Santuario Cetacei, non c’è tempo da perdere

“Abbiamo appreso della richiesta di stato di emergenza nazionale che il ministro dell’Ambiente Costa presenterà al Cdm e crediamo che non ci sia altro tempo da perdere. Il Santuario dei Cetacei merita di essere realmente tutelato, non può essere ridotto a una discarica sottomarina di plastica dove si può impunemente inquinare”. Così Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace, l’associazione che sta eseguendo dei monitoraggi nell’area. 

Il 23 luglio sarà il quinto anniversario della dispersione in mare di decine di tonnellate di plastica da una nave cargo salpata da Piombino e diretta a Varna, in Bulgaria, con un carico di 1.888 balle di rifiuti di plastica da incenerire. A causa di un’avaria, un’ora dopo la partenza il comandante diede ordine di sversare in mare parte del carico. È così che 65 tonnellate di plastica finirono nelle acque protette del Santuario dei Cetacei e oggi, la maggior parte di queste, giace ancora sui fondali rappresentando una grande minaccia per un’area ad elevato valore naturalistico. 

Greenpeace, che si trova nelle acque dell’Arcipelago Toscano per la spedizione di ricerca “Difendiamo il Mare”, condotta con la barca Bamboo della Fondazione Exodus di don Mazzi, ha pubblicato un mese fa un’inchiesta, “Un santuario di balle”, per fare luce sulle responsabilità. In questi giorni l’organizzazione ambientalista insieme ai ricercatori del Cnr-Ias di Genova e dell’Università Politecnica delle Marche sta eseguendo dei monitoraggi nell’area per capire se la plastica dispersa sui fondali ha generato un impatto nelle acque del Santuario e del Golfo di Follonica in termini di rilascio di microplastiche.  

“È paradossale – sottolinea Ungherese – che sia una piccola organizzazione con limitate disponibilità economiche come Greenpeace a eseguire tali ricerche. D’altra parte, cosa possiamo aspettarci da tutte quelle istituzioni che da cinque anni non sono riuscite a recuperare le tonnellate di plastica che giacciono in fondo al mare?”.  

Le indagini si stanno concentrando non solo sulla presenza di microparticelle in plastica nelle acque, ma anche nei sedimenti, nel pescato e nelle specie ittiche allevate nel Golfo di Follonica. 

Greenpeace Italia ha presentato anche un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale nei confronti della Regione Toscana che, all’epoca dei fatti, aveva in mano una fidejussione di quasi tre milioni di euro a garanzia dei possibili danni ambientali intercorsi durante le operazioni di trasporto. Quei soldi potevano essere utilizzati per recuperare il carico disperso ma sono stati restituiti.