“Oggi viviamo una buona situazione e, a mio giudizio, siamo nella fase terminale di questa battaglia dove il nemico è alle corde e serve un ‘ko’ e mi riferisco alla armi che in parte abbiamo e in parte stiamo costruendo con le sperimentazioni, gli anticorpi monoclonali. Il vaccino ha dimostrato in modo chiarissima, al di là di qualche polemica strumentale, di essere un’arma micidiale. Lo scenario futuro? Superata l’emergenza abbiamo davanti due strade: completare il ciclo vaccinale in tutto il mondo e poi, più che inseguire l’immunità di gregge, dobbiamo pensare che prima o poi il virus sarà endemico e con le terapie ne usciremo. Ovvero, ci ammaleremo e guariremo ma non morirà più nessuno come è già successo con altre malattie infettive”. Lo ha sottolineato il direttore dell’Inmi Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, in un’intervista che andrà prossimamente in onda sul
canale Sky ‘Doctor’s Life’
, il primo canale televisivo di informazione medico-scientifica, edito da Adnkronos Salute. 

“Sono troppo ottimista? No, sono razionale – rimarca Vaia – perché credo fermamente nella scienza e nella ricerca che deve essere sempre indipendente e lavorare senza influenze di parte”. Tornando sui monoclonali, Vaia ha evidenziato che “sono ideati in Italia, dal professor Rappuoli, testati e poi prodotti sempre nel nostro Paese – ha ricordato Vaia – Queste terapie possono essere usate nelle prime fasi della malattia Covid, e abbiamo già esperienza di un’efficacia oltre il 90%, ma di poter essere usati per profilassi quando abbiamo persone che rispetto al vaccino hanno non avuto una risposta anticorpale perché sono immunodepressi, trapiantati, dializzati o pazienti oncologici. A questi diamo il vaccino, anche terza dose, ma visto che la risposta come ci dicono alcuni studi può essere solo al 50%, insieme diamo anche gli anticorpi per superare la fase acuta e guarire la persona”.