Ogni giorno nel mondo oltre un miliardo di fumatori si accendono ancora una sigaretta. Questo dato è più o meno sempre lo stesso da circa 20 anni nonostante lo sforzo delle istituzioni sanitarie nazionali e internazionali per ridurre il numero di consumatori. Il fumo è legato alla necessità della nicotina, una sostanza con un rischio sostanzialmente basso, il danno maggiore arriva da migliaia di sostanze tossiche rilasciate quando il tabacco brucia. Per questo da diversi anni scienziati, medici, istituzioni no-profit si battono per un approccio di riduzione del danno, chi non riesce a smettere con la dipendenza da nicotina può ridurre i rischi con la sigaretta elettronica o prodotti a base di tabacco riscaldato. Ma questo approccio è contrastato a tutti i livelli, secondo gli esperti intervenuti all’ottava edizione del Global Forum on nicotine (Gfn), in corso a Liverpool, che ha dedicato una sessione proprio a questo fenomeno.  

Il punto nodale per gli esperti è che le alternative per la riduzione del danno “funzionano”, e ci sono tanti studi che lo dimostrano, ma “le istituzioni, la politica e una certa parte di scienziati puntano a screditare l’approccio di riduzione del danno da fumo con attacchi che screditano coloro che hanno un’opinione diversa dalla loro”, ha sottolineato Konstantinos Farsalinos, Università di Patras e School of Public Health dell’University West Attica in Grecia.  

Nonostante “si stimi che 98 milioni di fumatori adulti siano già passati a prodotti, a base di nicotina, ma con meno sostanze dannose, nel mondo – ha ricordato il direttore del Gfn, Gerry Stimson, professore emerito dall’Imperial College di Londra – le istituzioni che governano le politiche di salute pubblica e di controllo del tabacco rimangono spesso su posizioni ortodosse rispetto alle politiche di riduzione del danno. In Inghilterra, le autorità sanitarie supportano il fumo elettronico per smettere di fumare e le e-cig sono ora l’aiuto più popolare per smettere. In Giappone le vendite di sigarette sono diminuite di un terzo da quando sono arrivati i prodotti a tabacco riscaldato. Ora la sfida è l’accessibilità a questi prodotti anche a chi vive in Paesi a basso reddito”.  

Nel suo intervento il fisico messicano Roberto Sussman, National University of Mexico, ha evidenziato come “in fisica siamo addestrati a interrompere le conoscenze attuali. La fisica avanza sempre per interruzione. Nella scienza del tabacco e della nicotina, la politica ha preso il sopravvento e la scienza è in secondo piano”. 

“Il dibattito sulle strategie di riduzione del danno è dominato dai tentativi di screditarci con prove su immaginari conflitti di interesse e con studi senza nessuna solida base – ha rimarcato Farsalinos – e usando la forza di alcuni gruppo di potere come Bloomberg Philanthropies che ha investito milioni di dollari in quest’opera di discredito, senza però confutare i risultati dei nostri studi sulle potenzialità della riduzione del danno da fumo. Diverse organizzazioni fondate da Bloomberg non hanno mai presentato evidenze scientifiche ma provano a insinuare dubbi su immaginari conflitti di interesse”.  

Secondo Clive Bates, direttore Counterfactual Consulting, “tutti sono in conflitto in qualche modo. Tutti coloro che lavorano in questo campo hanno in passato avuto proprie convinzioni”. Brad Rodu, docente di Medicina ed esperto di politiche di riduzione del danno da tabacco dell’University di Louisville (Kentucky), ha portato all’attenzione della sessione l’analisi della disparità di risorse economiche investite in Usa da enti pubblici sul tema del ‘fumo’ e quelle investite sulla sicurezza delle sigarette elettroniche e degli Ends, Electronic Nicotine Delivery Systems. “A fronte di questa disparità nel 2020 c’è stata una esplosione di ricerche su quest’ultimo tema”, ha osservato. “La missione e la forza di finanziamento del National Institutes of Health che ha puntato su una società libera dal tabacco – ha rimarcato Radu – sta influenzando chi fa ricerca nell’evidenziare nel modo peggiore nei propri studi le interpretazioni su tutti i prodotti del tabacco”.  

“È preoccupante che chi guida a livello internazionale le politiche di controllo del tabacco si ostini a perseguire un approccio proibizionista e irresponsabile verso il tabacco e la nicotina, mentre l’Oms attivamente perpetua la disinformazione sui nuovi prodotti a base di nicotina – ha affermato Stimson – Non si fa un buon servizio alla salute pubblica con una guerra alla nicotina, questo è un atteggiamento destinato al fallimento come la guerra alla droga. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) deve rivedere i suoi sforzi per aiutare, con tutti i mezzi disponibili, a far smettere di fumare quel miliardo di adulti che ancora non riesce”.